La Lore dei Souls

“There may be no answers, but one must still forge ahead”

Così recita silenziosa la descrizione della Chiave dei Sotterranei del Rifugio dei Non Morti Settentrionale. Sono passati oramai più di dieci anni da quel lontano 2011, quando il primo Dark Souls venne rilasciato, cambiando per sempre le regole del mondo videoludico. Ricordo indistintamente ancora oggi quella sensazione di smarrimento avviato per la prima volta il gioco, catapultato in una situazione quantomeno indecifrabile. Il personaggio che avevo creato minuziosamente qualche minuto prima era rinchiuso in una prigione poiché, come si apprendeva da una voce fuori campo, portatore del Segno Oscuro, un marchio che maledice i Non Morti. Da una grossa apertura del soffitto ecco affacciarsi un cavaliere ignoto e lanciare all’interno della mia cella un cadavere; quest’ultimo portava con sé un oggetto che avevo la possibilità di raccogliere: la chiave che mi avrebbe permesso di uscire di lì. Ovviamente iniziai a chiedermi chi fosse quel cavaliere, perché stesse cercando di aiutarmi, cosa diamine facessi lì, rinchiuso in una cella buia e fredda; domande sul come e sul perché, sul mondo che mi circondava, domande senza risposta. Mi apprestai a raccogliere la chiave e ne lessi la descrizione, il gioco aveva previsto il senso di spaesamento in cui mi aveva gettato e mi rincuorava dicendomi: «Anche senza risposte, bisogna comunque proseguire».

Con questa introduzione, volutamente criptica, ha inizio la trilogia di Dark Souls, la celebre saga dark fantasy ideata da Hidetaka Miyazaki e sviluppata da From Software. Con questa introduzione, di fatto, inizia un nuovo modo di creare videogiochi. Viene abbandonata la struttura classica in favore di una narrazione atipica, quasi insufficiente ad una prima occhiata; non più cutscene in computer grafica e i dialoghi, laddove presenti, lasciano più dubbi che certezze. Addio pure alla linearità nelle ambientazioni proposte; il giocatore, dopo un breve tutorial, viene abbandonato a sé stesso in un mondo ostile, oscuro e pieno di enigmi. Ma anche di risposte, celate alla vista ma alla portata di tutti coloro decidano di abbandonarsi completamente ad esso.

I primi passi in Dark Souls sono la manifesta enunciazione poetica che sta alla base del lavoro di Miyazaki: il giocatore non sa né dove né quando si trova esattamente, l’unica vera fonte diretta di informazioni che l’autore concede al gamer è il criptico filmato iniziale. Muoviamo i primi passi in una cella tetra e angusta, la porta è chiusa; domande senza risposta, enigmi nell’oscurità. Qual’è il nostro obiettivo? Anche senza risposte, bisogna comunque proseguire.

La descrizione unica, a prescindere dell’utilità, associata ad ogni singolo oggetto raccoglibile, è la prima vera chiave di interpretazione del mondo creato dell’autore, il suo tratto distintivo. È l’insieme delle descrizioni, disseminate ovunque in un mondo altrimenti silenzioso, che ci consegnano le informazioni necessarie, tasselli informi di un mosaico ancora sconosciuto che costituiscono la lore dell’opera.

Ma che cos’è dunque la lore? È fondamentale chiarire da subito la distinzione fra storialore, poiché qui si gioca un ruolo fondamentale nella comprensione della narrativa miyazakiana. Partiamo col dire che non c’è una vera e propria traduzione in italiano; si potrebbe interpretare come “tradizione” o “conoscenza”, ma entrambi non restituiscono comunque il significato compiuto del termine, la sua profondità all’interno del contesto di gioco. Lore è un termine che deriva da folklore, e riassume una narrativa basata sulla scoperta attiva del giocatore, il quale individua i diversi elementi che vanno a raccontare l’ambientazione. Questo è possibile generalmente attraverso i dialoghi con gli NPC – non-playable characters – i documenti di testo sparsi per la mappa, nella descrizione di oggetti e armamenti, in tutto quello che possiamo cogliere attraverso un’osservazione attenta e indagatrice dell’ambiente circostante. È una presa di posizione narrativa che rifiuta l’idea di una linearità nel racconto e che lascia spazio a un ambiente con una storia, la quale può essere svelata o meno. La scelta spetta unicamente al giocatore.

In un prodotto videoludico, la lore può avere più o meno rilevanza nell’economia generale; anzi, alcune opere possono essere godute anche senza il minino approfondimento, privilegiando una fruizione rilassata e lontano da frustrazioni. Nei primi anni duemila si è assistito ad una svolta narrativa che ha lasciato da parte la ricerca della sfida, pur con eccezioni di livello (basti pensare alla saga iniziale di God of War). L’eccezionale sviluppo tecnologico del medium, sempre più vicino al fotorealismo, orientò i più blasonati titoli usciti in quei anni verso una narrazione estremamente cinematografica, puntando molto sull’estetica e su gameplay poco punitivi, tali da non appesantire la fruizione del racconto con snervanti e continui Game Over.

“YOU DIED”

Per comprendere appieno il successo della saga di Dark Souls, occorre fare un passo indietro, laddove tutto è iniziato. Il punto di rottura in ambito videoludico si ebbe nel 2009, con l’uscita di Demon’s Souls, action RPG dalla notevole difficoltà per gli standard attuali. Il progetto sembrava inizialmente destinato al fallimento, fino a quando non venne affidato ad un giovane e talentuoso Miyazaki; in esso l’autore riversò la sua poetica, un potenziale narrativo che che sarebbe poi definitivamente esploso in tutta la sua forza nelle opere successive. Il titolo, uscito in Europa un anno dopo, quasi a sorpresa creò attorno a sé quasi un culto, un’esperienza così punitiva da regalare all’utenza, al superamento degli ostacoli, soddisfazioni ormai dimenticate. La canonizzazione degli stili tipici dell’autore arrivò con il primo Dark Souls, l’abbandono della formula a livelli in favore di una mappa unica, interconnessa, destinata a rivoluzionare il game design: si avanza, sconfiggendo nemici, fino al falò successivo, si sblocca una scorciatoia e si arriva all’arena del boss; si muore, e si riparte dall’ultimo falò, in un mondo in cui la morte non è mai definitiva. Una rivoluzione in termini di game design e, con essa, esaltazione massima del concetto di lore.

Un Souls non si identifica soltanto con un livello di difficoltà proibitivo, ma anche e soprattutto con una forma di narrazione ermetica, l’espressione massima dello “show, don’t tell“, il saper raccontare l’ambientazione non solo tramite le descrizioni ma anche sfruttando la costruzione dell’ambiente, lavorando sul suo design. Questo metodo era già percepibile in Demon’s Souls e venne affinato in maniera decisa con Dark Souls, per raggiungere il suo apice in Dark Souls III. La grande rivoluzione portata da Lordran è stata quella di mettere in scena un mondo in cui ogni singolo dettaglio nasconde un perché: un edificio crollato non è realizzato in quel modo solo per creare atmosfera ma esiste un perché e un come; una statua o un bassorilievo posto su un muro hanno un significato; un oggetto raccolto ha sempre un motivo per essere rinvenuto in quel preciso punto e il design di un nemico non è solo basato sull’estetica e sul moveset ma racconta anche esso una storia. Il giocatore, di fronte ad un Souls, è portato a porsi sempre le stesse domande: perché, come, dove, quando, chi? La trilogia di Dark Souls è un’infinita fonte di domande, un grande gioco ad incastro in cui i pezzi sono parte di un puzzle del quale manca la scatola raffigurante l’immagine finale. 

Ed é proprio qui che si chiede al gamer quel qualcosa in più. Ogni Souls può essere affrontato in maniera lineare e puramente ludica, forzando il level design con l’unico obiettivo di progredire nel mondo gioco e raggiungere i titoli di coda. Nulla lo vieta anzi, è sicuramente intesa come possibilità dagli sviluppatori; si affrontano boss-fight memorabili e tecnicamente impeccabili, in cui si richiede al giocatore tutta l’abilità e il sangue freddo di cui dispone, l’espressione massima dell’esperienza videoludica. Tuttavia, così facendo si perde gran parte dell’esperienza offerta da Miyazaki e dal team di From Software, esperienza che può essere vissuta unicamente “mettendosi in gioco“; se il giocatore accetta di abbandonarsi totalmente all’opera e sottostare alle sue regole, inizia a porsi domande, esplorare e innamorarsi della scoperta; solo allora diventa padrone del suo agire tramite quanto visto e compreso. La presunta incomunicabilità dell’opera svanisce e le ermetiche porte della lore si schiudono ai suoi occhi, in tutta la sua maestosa e, sino a quel momento, celata bellezza.

È importante, fondamentale oserei dire, in un’opera come questa concedersi dei momenti per leggere le descrizioni, osservare l’ambiente circostante, speculare e darsi delle risposte, senza una guida o imposizioni da parte dell’autore. Tutto ciò senza escludere l’esperienza ludica e di gameplay, altrettanto importante; il giocatore deve accettare la responsabilità che il Game Director gli affida nell’affrontare entrambe le facce della medaglia, poiché questo è il solo modo di godere appieno dell’esperienza a fondamenta dell’opera.

“Un mondo ben costruito potrebbe raccontare la sua storia in silenzio”

Hidetaka Miyazaki

Forse in pochi sanno che questo espediente narrativo, oggi quasi un mantra tra gli appassionati, sia in realtà nato da una necessità oggettiva, un’esigenza sapientemente sfruttata. From Software al tempo portava con sé grandi idee e ambizioni ma, come spesso accade, anche un budget limitato. Rinunciare a costosi filmati in computer grafica – i famosi “spiegoni” gettati in pasto al videogiocatore – divenne di fatto un’artificio per contenere i costi di produzione. Mai decisione si rivelò più azzeccata: perché mostrare a schermo un concetto quando è possibile scomporlo e disseminarlo ovunque nel mondo di gioco, negli oggetti, nei dialoghi, praticamente in ogni elemento di game design? Lasciare al giocatore la ricerca della verità e, laddove la stessa sia impenetrabile o addirittura inesistente, invogliarlo a riempire i buchi narrativi con ipotesi e supposizioni, alimentando discussioni nelle community online. Il contenimento dei costi divenne, di fatto, un incentivo all’esplorazione senza precedenti. Il piacere della scoperta, la vera anima dei Souls.

“Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto”

Italo Calvino

Citazione che Miyazaki sembra prendere piuttosto alla lettera. Nei Souls tutto comunica qualcosa, persino il silenzio, fedele accompagnatore durante il solitario peregrinare, una lunghissima avventura nel corso della quale il giocatore entra in contatto con concetti sospesi a metà tra il filosofico e il concreto, come luce e oscurità, vita e morte. Verrà sempre da chiedersi cosa sono i Non Morti o le Fiamme Sopite, della fine dei Draghi Eterni o del misterioso primogenito di Lord Gwyn, ma la risposta sarà sospesa chissà dove, sparsa nel vasto universo di gioco, senza che nessuno venga mai a svelarlo a chi sta giocando.

Dettagli diretti, ma anche una miriade di dettagli indiretti, perle nascoste il più delle volte sconosciute ai più, ma che una volta scoperte regalano soddisfazioni uniche. Parliamo della colonna sonora ad esempio, che accompagna solenne e consapevole le boss-fight più memorabili; ecco dunque che affrontando Artorias, il Camminatore dell’Abisso, una musica triste e cupa ci accompagna durante tutto il combattimento: solo chi avrà riunito i pezzi nel modo corretto riuscirà a comprendere il perché, mentre per tutti gli altri sarà semplicemente una durissima battaglia. Penso anche alla melodia struggente e bellissima che incalza lo scontro con Gehrman “The First Hunter” in Bloodborne, erede sprituale diretto e primo della saga Souls; una boss-fight unica nella sua drammaticità, restituita splendidamente da una colonna sonora immediatamente riconoscibile e ricca di significato.

Altri dettagli silenziosi li troviamo nelle architetture del mondo: come non citare Anor Londo, in cui è tangibile la sacralità di ciò che si staglia di fronte ai nostri occhi, si intuisce forte la presenza di qualcosa che ha a che fare con la religione, con il divino. La cattedrale in stile gotico è contornata da effigi che rappresentano il primo Lord, Gwyn il signore dei Tizzoni. Da lui e dal suo sacrificio nacque il culto del vincolo, che permise alla Prima Fiamma di non spegnersi, evitando così che il mondo fosse divorato dall’oscurità. Dettagli mai comunicati direttamente al giocatore, eppure in bella vista per un occhio attento. Nei Souls la lore è ovunque, alla portata di chiunque abbia la giusta sensibilità di coglierne l’essenza e il significato.

Ho introdotto Bloodborne, potrei citare Sekiro: Shadow Die Twice o dedicare un intera elegia a Elden Ring – e forse un giorno lo farò – è chiaro come la saga dei Souls abbia ispirato negli anni una serie di titoli di grande successo, un terreno di gioco in cui anche altre software house hanno provato a cimentarsi, ammaliate dal fascino della scoperta e da un diverso modo di concepire l’esperienza videoludica, non necessariamente progettata per prendere per mano il videogiocatore. Si tratta di titoli che sono stati poi racchiusi sotto il termine Soulslike, portando così alla nascita di un nuovo genere videoludico, dalle caratteristiche uniche e immediatamente riconoscibili.

Chiaramente, essendo in molti casi estremamente longeva e complessa da scoprire, la lore è inevitabilmente fautrice di infinite discussioni all’interno delle community, andando a creare un bellissimo ed unico ambiente di speculazione, confronto e intuizioni, con il fine ultimo di riuscire a comprendere qualcosa che è stato inserito volutamente celato dagli autori all’interno della narrazione.

La lore rappresenta al giorno d’oggi un qualcosa di fondamentale che rende, non solo i soulslike, ma ogni titolo di ogni saga degno di essere giocato ed esplorato fino ai suoi anfratti più remoti, e che permette all’industria videoludica di continuare ad evolversi nel raccontare universi di storie sempre più belle, dettagliate e in grado di unire nel modo più accomodante e piacevole giocatori da ogni parte del mondo.


Non è dunque la storia, né l’ambientazione; non sono le tradizioni, i culti e il folklore del mondo di gioco. Non è il racconto di epiche gesta del passato né delle piccole azioni che plasmano le fondamenta del presente, influenzando gli eventi futuri. È in ogni dettaglio eppure evanescente, palese e al tempo stesso celata, tangibile eppure inafferrabile. Singolarmente non è nulla di tutto ciò eppure ne è sintesi perfetta.

Parliamo di lore, la vera essenza dei Souls.

La lunga Notte della Caccia

Yharnam, Notte della Caccia.

Mi risveglio nel letto spoglio di una clinica; sono immerso nell’oscurità, immagini distorte, sfocate…creature spettrali, evanescenti, si manifestano e avanzano verso di me. Ricordi confusi. Ho subito una trasfusione, sangue antico per la cura di una malattia ignota. Che si tratti solo di un sogno…? Un incubo, terrificante. Fuori è buio. Per i vicoli poche luci, lanterne isolate. Urla e lamenti nella notte. Una piaga sconosciuta affligge l’antica città di Yharnam. Gotica e solenne. Spaventosa.

Devo uscire là fuori, affrontare quelle amenità. Devo trovare una cura. Sono un Cacciatore. La lunga notte della Caccia è iniziata.

Lettera di un cacciatore anonimo

L’epidemia dilaga a Yharnam. Un racconto dalle origini antiche e profonde.

Pthumeru è dove tutto ebbe inizio. Un’antica civiltà, guidata dalla Regina Yharnam, una stirpe dotata di capacità eccezionali, oltre le naturali qualità umane. Con tutta probabilità, antenati dell’umanità.

Una civiltà in grado di comprendere le verità dei Grandi Esseri.

Assimilabili a divinità, in possesso di abilità sovrannaturali e incomprensibili alla coscienza umana, i Grandi Esseri viaggiavano attraverso i diversi piani di esistenza, sia terreni che onirici, capaci di plasmare la fisica stessa dei piani esistenziali. Veri e propri demiurghi in grado di controllare i concetti di spazio e tempo, morte e vita. Oltre ad essere i custodi della verità assoluta. Avvicinarsi a loro significava comprendere appieno il significato ultimo del Cosmo.

Fu proprio questa brama di conoscenza ad attirare l’ambizione delle civiltà umane, fin dall’antichità. E gli pthumeriani non fecero eccezione.

L’antica civiltà visse a stretto contatto con loro, in un rapporto di simbiosi e cooperazione. La convivenza tra Grandi Esseri e pthumeriani portò questi ultimi a sviluppare capacità sovrannaturali, arti arcane e piromanzia. Una delle strade per arrivare alla conoscenza fu il Sangue Antico, il sangue dei Grandi Esseri. Una sostanza con enormi poteri, in grado di trasformare e migliorare le qualità umane.

E cambiare i destini del mondo.

I Grandi Esseri elessero la Regina come madre dei loro figli. Ogni Grande Essere, infatti, bramava un figlio, ma aveva bisogno di una madre per potersi riprodurre. E il concepimento poteva avvenire solo attraverso la Comunione del Sangue Antico, mescolando il sangue della Regina con quello dei Grandi Esseri, attraverso un rituale che portava alla corruzione del sangue stesso.

Un rituale che divenne ben presto un flagello.

Avvicinarsi alla conoscenza suprema del Cosmo, trascendere i diversi piani esistenziali, condusse gli uomini alla follia, mentre le qualità curative del Sangue Antico provocarono una forte assuefazione, costringendo le persone a farne un uso sempre più massiccio e frequente. Con il tempo, questo causò un vero e proprio mutamento cellulare, risvegliando negli infusi gli istinti più feroci e reconditi dell’animo umano e trasformando gli uomini in bestie.

Fu proprio il morbo della bestialità a sancire la fine della società pthumeriana. La prima a cadere città fu Loran, i cui abitanti si tramutarono in belve e le cui strade furono ricoperte da sabbia e detriti, a testimonianza del totale abbandono. Ma in poco tempo anche altre città e villaggi furono colpiti dalla piaga.

Questo fardello fu troppo da sopportare per le civiltà pthumeriane, al punto da arrivare ad una drastica decisione: sigillare i labirinti. Il tragico destino degli pthumeriani sarebbe stato l’isolamento eterno, confinati sottoterra al fine di proteggere l’umanità dal dilagare del morbo e custodire il loro agghiacciante segreto.

Molti anni passarono prima che i grandi labirinti venissero scoperti e profanati. L’unico modo per accedervi era compiere un rituale, utilizzando Antichi Calici, preziosi manufatti di origine pthumeriana, e sacre reliquie, materiali organici o di natura arcana. Furono i ricercatori dell’Accademia di Byrgenwerth a scoprire il meccanismo dei rituali dei Calici. E furono i primi ad accedere agli antichi labirinti dove sorgeva la civiltà di Pthumeru. L’accademia, fondata da Mastro Willem, iniziò l’esplorazione dei labirinti pthumeriani, scoprendo così i poteri miracolosi del Sangue Antico e riportando alla luce oscuri segreti ormai dimenticati.

“Temi il sangue antico”

Dalla decadenza della civiltà di Pthumeru, Willem apprese un grande insegnamento. Il rettore intuì sin da subito i rischi che il fluido portava con sé, ma non smise tuttavia di condurre i suoi studi sui Grandi Esseri e sulle verità del Cosmo. Semplicemente, orientò il suo metodo di ricerca in un’altra direzione. Egli si convinse che l’essere umano potesse ascendere a piani di conoscenza superiori ed entrare in comunione con i Grandi Esseri, senza necessariamente passare dall’infusione del Sangue.

Ma in seno all’accademia c’era chi non era d’accordo. Tra questi, Laurence, uno degli studenti più brillanti. Per lui la via più rapida ed efficace per l’ascensione era proprio l’utilizzo del fluido divino. Ben presto egli entrò in conflitto con il suo maestro. L’accademia di Byrgenwerth si spaccò e lo scisma portò Laurence a fondare la Chiesa della Cura, con sede nella Grande Cattedrale della vicina e antichissima città di Yharnam.

Primo Vicario della neonata organizzazione, Laurence fondò l’intera sua dottrina nella Comunione del Sangue, come mezzo per il contatto con i Grandi Esseri e l’ascensione verso gradi superiori dell’esistenza. Ma il sangue serviva anche per migliorare le qualità terrene degli esseri umani, così come tramandato dagli pthumeriani.

Nacque quindi il culto del Sangue Curativo (o Sangue Antico); la Chiesa della Cura fece di Yharnam il centro della sua giurisdizione, ed ivi condusse i suoi esperimenti sulla popolazione. Tali esperimenti consistevano nelle infusioni di massa su residenti e stranieri e il conseguente studio degli effetti. A causa delle pratiche d’infusione, la città divenne ben presto meta di pellegrinaggio per coloro che – da ogni parte del mondo – volessero sottoporsi a questa cura miracolosa, con la promessa di guarigione da ogni male. I riti legati al Sangue Curativo penetrarono in fretta all’interno della cultura cittadina, tanto che ogni singolo aspetto della vita dei suoi abitanti ne rimase permeato.

Grazie all’enorme potere del Sangue, la Chiesa della Cura instaurò un vero e proprio controllo sociale e politico sulla città. I suoi chierici e i suoi ministri divennero, di fatto, i governanti di Yharnam. Un’organizzazione gerarchica, quella della Chiesa della Cura, al cui vertice c’era il Coro, presieduto dai chierici di più alto rango. A loro era destinato il compito di dialogare con i Grandi Esseri dei labirinti; fu così che vennero in contatto con Ebrietas, la Figlia del Cosmo, prima divinità rinvenuta negli antichi labirinti e portata a Yharnam, nella Grande Cattedrale. Il contatto con Ebrietas permise ai membri del Coro di svilupparono le loro conoscenze. Ma soprattutto, fu proprio il Grande Essere a garantire alla Chiesa e alla città di Yharnam un costante e continuo afflusso di Sangue Curativo.

I membri del Coro erano abili esploratori dei labirinti. E a, differenza dei loro colleghi di rango inferiore, i soli in grado di maneggiare poteri e manufatti derivati dai Grandi Esseri. Uno dei membri più importanti del Coro fu Caryll, uno degli antichi, che trascrisse i suoni indecifrabili dei grandi esseri in particolari rune, utilizzabili dai cacciatori per migliorare le loro capacità nel combattimento e nella conoscenza.

I Cacciatori. Guerrieri, posti ai ranghi inferiori della Chiesa della Cura, il cui compito era difendere le strade di Yharnam dalle belve. Dotati di spiccata resistenza alla bestialità, effetto collaterale dell’infusione di Sangue Antico, che colpiva i cittadini trasformandoli in feroci animali, divennero l’ultimo baluardo di speranza prima dell’oblio.

Come nacquero i cacciatori è presto detto. Durante l’esplorazione degli antichi labirinti, gli studiosi di Byrgenwerth e della Chiesa della Cura si trovarono a fronteggiare creature così feroci e violente, che si rese necessaria la creazione di un vero e proprio corpo armato a loro difesa.

Serviva un ordine in grado di arginare con la forza ogni accenno di mutazione bestiale nei cittadini sottoposti alla Comunione. Fu quindi fondata da Laurence l’Antica Officina dei Cacciatori: un luogo dove uomini e donne venivano addestrati a sviluppare resistenza al richiamo bestiale derivante dalle infusioni.

Laurence vi mise a capo Gehrman, anch’egli ex studente di Byrgenwerth. Gehrman, il Primo Cacciatore.

I cacciatori utilizzavano armi trasformabili da mischia, nella mano destra, e armi a distanza, in quella sinistra. Alcuni di loro, però, erano in grado di maneggiare la magia e i poteri arcani. Abili, letali, suddivisi in classi: si distinguevano i cacciatori neri, il cui unico compito era mondare le strade di Yharnam dalle bestie; i cacciatori bianchi, chierici che approfittavano della caccia per studiare e condurre esperimenti sul sangue curativo. E poi c’erano loro, i cacciatori di cacciatori, potenti guerrieri con il compito di combattere i cacciatori che venivano corrotti dal sangue, cadendo nella bestialità.

Quando l’epidemia si abbatté anche sulla città di Yharnam, i cacciatori divennero il braccio armato della Chiesa della Cura. Ogniqualvolta la piaga delle bestie prendeva il sopravvento – e le strade di Yharnam si riempivano di belve – la Chiesa della Cura bandiva la Notte della Caccia. Durante questo evento, i cittadini che non erano stati toccati dal morbo, dovevano barricarsi nelle loro abitazioni, per proteggersi.

I vicoli della città, infatti, si trasformavano in un campo di battaglia, tra le bestie afflitte dal morbo e i loro cacciatori, che avevano il compito di contrastare l’avanzata dell’epidemia, trucidando tutto ciò che incontravano. La piaga si diffondeva in modo incontrollabile, al punto da rendere le notti di caccia sempre più lunghe ed estenuanti. Per questo motivo in molti cittadini, ebbri di sangue, si scatenava una violenta frenesia omicida, al punto da spingerli a partecipare alla caccia, nella doppia veste di prede e cacciatori improvvisati.

Ma i cacciatori vennero impiegati molto prima dell’istituzione della Notte della Caccia.

Nella parte più antica della città, Old Yharnam, si diffuse il morbo del Sangue Cinereo. Le cause, apparentemente sconosciute, sono da ricondurre ai primi esperimenti della Chiesa della Cura sugli ignari abitanti della città.

È opinione diffusa, infatti, che sia stata proprio la Chiesa a far ammalare i cittadini e, non appena le normali medicine si dimostrarono insufficienti, ebbero l’occasione di intervenire con una massiccia somministrazione di Sangue Curativo. Tale terapia, sebbene pose fine all’epidemia, trasformò l’intera popolazione in bestie feroci. Questa circostanza fu la prima in cui vennero impiegati i Cacciatori, al di fuori degli antichi labirinti. La loro spedizione, tuttavia, risultò inefficace. L’unica, tragica, alternativa fu bruciare l’intera area della città e sigillarne gli ingressi.

Ma il rimedio non bastò a bloccare la piaga, che, da lì a poco, avrebbe invaso l’intera città di Yharnam.


Figura chiave, quella del Primo Cacciatore.

Gehrman era un abile guerriero e un egregio inventore. oltre a dirigere il nuovo esercito della Chiesa della Cura, mise a punto una nuova tipologia di armi, in grado di trasformarsi a seconda delle esigenze di chi le brandiva in battaglia.

Tuttavia, dopo il rogo di Old Yharnam, i vertici della Chiesa della Cura presero una decisione. L’antica officina di Gehrman venne chiusa, a favore della creazione di una nuova palestra, più moderna e strutturata: l’Officina dei Cacciatori della Chiesa della Cura. Questa nuova istituzione si differenziava dall’altra per l’utilizzo di metodi e armi all’avanguardia e un reclutamento più massivo di milizie.

I nuovi cacciatori, inoltre, oltre ad essere abili nel combattimento, erano anche medici in grado di condurre esperimenti sugli inermi abitanti di Yharnam Centrale. Fu così che a capo della nuova officina venne messo Ludwig, un chierico preparato e stimato dallo stesso Laurence.

Un nuovo compito attendeva il Primo Cacciatore. Il morbo era ormai diventato endemico e le notti di caccia erano sempre più lunghe ed estenuanti. Alla Chiesa della Cura serviva dunque un luogo dove i cacciatori potessero allenarsi e rigenerarsi, in un ciclo infinito fatto di caccia e ristoro, in un alternarsi continuo tra sogno e veglia. Convinto da Laurence, Gehrman ricevette udienza da un Grande Essere, affinché questi potesse donare l’immortalità ai nuovi cacciatori chiamati a mondare le strade della città. Fu così che nacque il Sogno del Cacciatore, un piano di esistenza parallelo, identico all’Antica Officina. Il Sogno era il risultato dell’evocazione di un Grande Essere molto potente: la Presenza della Luna, colui che rispose alla chiamata del Primo Cacciatore.

Gehrman, ormai vecchio e senza più stimoli, rimase a presidio del Sogno. Ma quello che per i cacciatori era un luogo di ristoro, per lui divenne presto una prigione. Condannato a un triste destino, addestrare cacciatori per l’eternità, per le notti della caccia a seguire. L’unica compagnia al suo fianco, un Automa dalle sembianze di una giovane donna – probabilmente la sua allieva prediletta – pronta a servire i Cacciatori che sarebbero transitati dal Sogno. Dotata di una scintilla di umanità all’interno di membra meccaniche, con le sue parole di speranza ella divenne l’unico conforto per i cacciatori nelle lunghe e feroci notti di caccia.


Intanto, la Chiesa della Cura proseguiva nel suo intento. Alla periferia della città di Yharnam, non troppo distante dalla Grande Cattedrale, sorgeva il cimitero cittadino. Un luogo periferico, Hemwich Carnel Lane, lontano dagli sguardi curiosi dei cittadini, in cui la Chiesa potè perpetrare la più blasfema delle sue attività: la profanazione di tombe. L’obiettivo era estrarre dai cadaveri quanto più materiale organico possibile, da utilizzare come reliquie per i rituali dei calici. Le profanatrici, assoldate dalla Chiesa, erano delle megere senza scrupoli, rozze e aggressive.

A capo del quartiere, però, si impose una strega che intuì le potenzialità di queste reliquie nell’acquisizione di conoscenza e nel contatto con il Cosmo. Ben presto, la Strega di Hemwick e le sue megere iniziarono a condurre in autonomia i propri esperimenti, anche ai danni di malcapitati cacciatori che si trovavano a passare per quelle zone, i quali venivano rapiti e torturati. Una zona ormai perduta, fuori dal tempo, in cui nessuno osava addentrarsi più.

E lì, poco distante da Hemwick Charnel Lane, si ergeva l’imponente e dimenticato Castello di Cainhurst.

Così solenne e sfarzoso, abitato da una società con usi e costumi molto differenti da quelli di Yharnam, e governato da Annalise, sovrana di sangue pthumeriano. Una volta scoperti gli studi sul Sangue Antico di Byrgenwerth, la regina volle sfamare le sue ambizioni e sfruttò il suo fascino per corrompere uno studente dell’accademia, affinché le consegnasse un campione del liquido miracoloso estratto dal corpo di un Grande Essere, con tutta probabilità l’ultimo residuo del sangue di Oedon, il più grande e potente di tutti, capace di trascendere tutti gli altri Grandi Esseri, ormai privo della sua essenza corporea.

A seguito dell’infusione, la regina divenne immortale e tutta la sua corte poté godere della Comunione, grazie al fluido estratto dallo stesso corpo di Annalise. Da quel momento, i cavalieri di Cainhurst presero il nome di Vilesangue: un dispregiativo, per la Chiesa della Cura, sinonimo di corruzione e blasfemia.

La brama di sangue di Annalise e la corruzione dei Vilesangue, non piacquero alla Chiesa della Cura. I vicari e i ministri non potevano accettare che, altrove, venisse praticata la Comunione. Così, da una costola dei Cacciatori nacque il giuramento dei Carnefici: un ordine di guerrieri preposto ad annientare Annalise e il regno di Cainhurst.

Logarius, a capo delle milizie di Carnefici, invase il castello e sterminò l’intera corte. Ma non poté nulla contro l’immortalità della Regina. Decise, quindi, di far crollare il ponte che collegava Cainhurst a Yahrnam e sigillò la sala reale. Si mise a guardia del Castello per l’eternità, impedendo alla Regina Annalise di lasciare il palazzo. Sacrificò la sua vita a questa missione e divenne, per tutti, il Martire Logarius.

La Chiesa della Cura e L’Accademia di Byrgenwerth, tuttavia, non erano le uniche istituzioni a cercare disperatamente la comunione con i Grandi Esseri. Tra queste, la Scuola di Mensis, con il suo fondatore Micolash.

Quello di Micolash è, forse, il più inquietante e macabro tra i metodi di ascensione. Se la Chiesa cercava di sfruttare il potere miracoloso del Sangue e Mastro Willem bramava raggiungere la verità tramite la conoscenza, l’obiettivo della Scuola di Mensis era il contatto con i Grandi tramite la realizzazione di un rituale. Cercando di replicare, in qualche modo, i rituali degli antichi calici, Micolash rapiva e vivisezionava le sue vittime, al fine di estrarne materiale organico per compiere il suo personale rito di comunione. Per far questo, la Scuola di Mensis si serviva, talvolta, delle megere di Hemwick Chanel Lane e di antiche evocatrici pthumeriane. Tali esperimenti, inizialmente, furono avvallati dalla Chiesa della Cura, essendo Micolash sia un ex studioso di Byrgenwerth, che uno dei primi membri della Chiesa. Con il tempo, però, anche Laurence si allontanò dai metodi della Scuola, entrandone apertamente in conflitto.

Le ricerche della Scuola si svolgevano nel villaggio invisibile di Yahar’gul, alle porte di Yharnam e celato agli occhi della sua popolazione, dove veniva venerato il Grande Essere Amygdala: divinità liminare e padrona della Frontiera dell’Incubo.

Il rituale, grazie anche all’utilizzo di un terzo cordone ombelicale, portò i risultati sperati dalla Scuola. Micolash entrò in contatto con il Grande Essere Mergo. Sebbene, pagò un prezzo carissimo: il suo intelletto venne intrappolato nell’Incubo di Mensis e il suo corpo restò esanime a marcire a Yahar’gul. Stessa sorte nefasta toccò anche gli adepti della Scuola di Mensis, trasportati nell’incubo insieme al loro maestro; Alcuni abitanti del villaggio invece vennero fusi tra di loro, dando vita a creature informi e aberranti come il Rinato, altri invece si amalgamarono con l’architettura stessa di Yahar’gul.


Ma cos’è un terzo cordone ombelicale? Una potente reliquia, probabilmente una sezione di Grande Essere estratta dal corpo dopo il concepimento con una donna di sangue pthumeriano. Tali cordoni erano rari e spesso venivano rinvenuti nei pressi dei cadaveri di donne entrate in comunione con Oedon l’Informe, o nei loro neonati.

Si ha memoria di tre cordoni ombelicali: il primo, appartenuto a Iosefka, infermiera della clinica di Yharnam Centrale; il secondo, rinvenuto da Arianna, prostituta rifugiatasi nella Cappella di Oedon durante la Notte della Caccia; il terzo, sul cadavere di Mergo, figlio di Oedon e della Regina Pthumeriana Yharnam, che risiede ormai con la sua Balia nella dimensione dell’incubo.

Vi è, tuttavia, testimonianza di un quarto cordone, rinvenuto nella Vecchia Officina dei Cacciatori abbandonata. Esso, probabilmente, fu raccolto da Gehrman durante una spedizione al Villaggio dei Pescatori, dove viveva Kos, una Grande Essere incinta. si narra che proprio grazie a questo manufatto il primo cacciatore evocò la Presenza della Luna, dando origine al Sogno del Cacciatore.


Il primo a comprendere i piani di Micolash fu Willem. Una consapevolezza derivante dalla sua profonda conoscenza dei misteri del Cosmo e del rischio delle evocazioni dei Grandi Esseri. Per questo motivo, il rettore di Byrgenwerth cercò di mettere un argine all’impresa della Scuola di Mensis.

La strategia era celare il rituale di Mensis con un artefatto arcano. E per farlo c’era bisogno della collaborazione di un Grande Essere: Rom, il ragno ottuso.

Rom era stata una studentessa di Willem, che riuscì a raggiungere lo status di Grande Essere dopo aver messo in pratica gli insegnamenti dello stesso Willem e dopo essere venuta in contatto con Kos, l’altro grande essere residente nel remoto Villaggio dei Pescatori.

Grazie alle sue conoscenze sulle Verità Straordinarie, il rettore riuscì a contattare la sua studentessa, che albergava presso il Lago della Luna: un piano di esistenza parallelo a quello degli umani, nei pressi di Byrgenwerth. Il potere di Rom costituì una sorta di velo, con il compito di celare i macabri segreti del rituale di Mensis.

Con la morte di Rom, però, il rituale poté compiersi e abbattersi sulla città di Yharnam.

Il suo compimento, portò la fusione di due piani esistenziali: quello della veglia e quello dell’incubo. È così che sui cieli della città comparve la Luna Rossa, manifestazione vivente del Grande Essere Oedon. Alcuni abitanti della città caddero tra le braccia della follia. Per altri, invece, si accelerò il processo che li avrebbe trasformati in bestie feroci.

L’avvento della Luna Rossa fu un cambiamento cruciale per le sorti del mondo. Ed è qui che la triste storia di Yharnam si conclude, con l’incubo di Mensis, uno dei luoghi più cupi dell’intero mondo. Le architetture, le forme e le creature sono sconnesse e discontinue, come plasmate da una mente folle e irrequieta.

Si tratta dell’intelletto di Micolash, l’host dell’incubo, nato dalla nefasta conseguenza del rituale di Yahar’gul, effettuato da Micolash per ricevere udienza dal Grande Essere Mergo. Nell’incubo si trova anche la Regina Yharnam, in lacrime, con il ventre squartato e fedelmente protetta dalle sue Ombre, a dimostrazione del fatto che fu lo stesso Micolash ad ucciderla, per appropriarsi del Terzo Cordone e contattare suo figlio.

L’ambiente macabro e ostile dell’incubo di Mensis è anche un monito per il genere umano. Fino a che punto si è disposti a cercare la verità assoluta? Cosa si è disposti a sacrificare per conoscere appieno il significato ultimo del Cosmo?

L’ambizione umana ha trasformato la città di Yharnam in una tana di ferocia e follia e intrappolato i suoi protagonisti in prigioni oniriche, dove il tempo e lo spazio sono completamente distrutti.

E intanto, in un ciclo senza fine tra veglia e incubo, un’altra lunga Notte della Caccia è appena iniziata…

Into the Lands Between

Mi risveglio da un sonno eterno. La cappella è buia e disadorna. Flebili reminiscenze, sono un Senzaluce, un abitante dell’Interregno, esiliato un tempo ormai lontano per aver perduto la benedizione della Grazia. Mi ritrovo qui, ora, richiamato in vita da una volontà superiore; altro non mi è concesso sapere.

Filtrano deboli raggi di luce dal tetto fatiscente della struttura, illuminano alle mie spalle una statua greve e solenne. C’è un silenzio spettrale, malinconia e inquietudine si intrecciano e mi pervadono; ai miei piedi si srotola un tappeto rosso che conduce ad un portone massiccio. Sembra chiuso. Osservo meglio all’interno, c’è un cadavere alla mia destra, una sacerdotessa; tra le sue mani recupero delle dita avvizzite. Non so che farmene ma le prendo comunque, sono certo che mi torneranno utili.

Mi avvicino al portone e lo spingo a piene mani. Si spalanca, aprendo innanzi a me un cortile di pietre sconnesse ed erbacce. La Cappella dell’Attesa, conosco il nome del luogo del mio risveglio; un imponente struttura in pietra grigia che si erge sulla cima di una rupe a picco sul mare. Non ho tempo di chiedermi come sia arrivato qui, la mia attenzione è rivolta altrove: una breve scalinata in pietra malridotta si para innanzi a me e mi accompagna ad un baratro. Non è la paura che mi assale, quanto la silenziosa maestosità che si staglia oltre esso: un imponente castello, se ne scorge indistinto il profilo oltre un leggero velo di foschia, le sue guglie altissime si ergono sullo sfondo di un grigio cielo.

Ma c’è dell’altro a catturare il mio sguardo: un qualcosa che avevo già intravisto all’uscita della cappella e ora lì, sul quel baratro, domina prepotentemente la scena, come se non ci fosse altro all’infuori di esso. Un luminoso albero, maestoso, magnifico con le sue fronde e rami dorati. Un tronco imponente, anch’esso etereo e splendente, lo fa svettare sopra questa landa a me ancora sconosciuta; non è chiaro dove abbia inizio, ma la sua aurea permea e inonda tutte le cose visibili e invisibili. C’è chiaramente una volontà superiore, un che di indefinito che non riesco ancora a comprendere seppure sia lì, immobile e palese innanzi a me. Fasci di luce dorata irradiano grazia in tutte le direzioni. Sono pietrificato, un misto di speranza e terrore, qualcosa di indescrivibile; il mio sguardo si perde di fronte a uno spettacolo mai visto prima.

Il baratro non è la fine ma l’inizio: una scala di legno ancorata sulla parete rocciosa conduce ad uno spiazzo inferiore, e da qui verso un ponte sospeso. Lo attraverso con passo incerto, sono ancora disorientato tra lo stupore della vista e l’ansia di ciò che mi attende oltre.

Sono un cavaliere errante, temprato dal tempo e da battaglie di cui non ho più memoria, so bene che c’è solo una cosa ad attendermi oltre il solenne portale di fronte a me: la morte. Altre statue, figure ammantate impugnano spade rivolte verso il basso, il silenzio è greve, interrotto solo dal rumore del vento che sferza i rami avvizziti di antichi alberi che hanno visto troppi inverni. Supero l’arco di pietra e sono in uno spiazzo ancora più grande, dominato al centro da una statuta, la più imponente di tutte. Una figura femminile, forse una dea, con il capo chino e le braccia allargate; incute rispetto e riverenza, ma anche fiducia. Ha qualcosa che la avvolge fin sopra la testa, non riesco a comprendere fino in fondo la scultura, forse un simbolo a me ignoto.

Solo adesso mi accorgo dei pollini dorati che fluttuano intorno a me, l’aria ne è intrisa. Petali, forse foglie, danzano in silenzio ma non vi è traccia alcuna a terra. La quiete surreale viene bruscamente interrotta: un orrore con molteplici arti innestati balza fuori da non so dove e mi si para innanzi, minaccioso e immobile tra me e la divinità di pietra. Letale. Brandisce una spada e uno scudo, riesco a scorgerne il volto: un viso cereo, esangue, privo di ogni emozione. Mi si scaraventa contro.

Solo morte. La stavo aspettando.

Ripiombo nel sonno eterno ma dura poco, mi risveglio in una grotta buia e umida; una fanciulla incappucciata, in groppa ad un destriero, si avvicina cauta. Pare quasi mi stesse attendendo. Sono esanime, ma la sento comunque sussurrare qualcosa, parole che non comprendo…“la sorte è con lui”, …”anello ancestrale”, …”ordine aureo”…

Parole senza significato, ma portano con sé uno scopo, la ragione per cui sono ancora qui. Sento la vita scorrere in me, di nuovo. Non è la fine, non sono stato richiamato dalla morte per morire ancora. Non è una grotta, bensì un santuario, l’inizio del mio viaggio. Mi rialzo, la strada è tracciata innanzi a me.

Non è la fine, è solo l’inizio …

Ferocia e arte videoludica: le boss-fight

Cosa vuol dire esattamente affrontare una boss-fight?

Chi si è spinto a leggere queste righe probabilmente già lo sa; conosce la tensione e il battito accelerato che improvvisamente prendono il sopravvento, le dita tremanti che stringono forte il pad e quella perenne sensazione di sentirsi impotenti e mai completamenti preparati ad affrontare quello che ci aspetta.

E cos’è che ci aspetta? Cosa si erge di fronte a noi al termine di un livello o di una zona appena esplorata in ogni singolo anfratto? Molto spesso, il gioco ce lo fa capire chiaramente quando stiamo per avvicinarci ad una boss-fight.

Un’arena o comunque uno spazio aperto si apre di fronte a noi, la cui estensione va di pari passo con le dimensioni del boss di turno, o quantomeno delle sue capacità di manovra; il tema musicale cambia improvvisamente e più è solenne la melodia, più intima e dedicata, più il nemico di turno ha un suo peso in termini di importanza e di complessità all’interno della lore del gioco. E poi eccolo, il boss fa il suo ingresso trionfale, si manifesta più o meno imponente e minaccioso, concedendoci l’onore di poterlo affrontare sul campo di battaglia. Tutta la strada fatta sino a lì, i miglioramenti apportati al nostro equipaggiamento, l’esperienza acquisita e i nemici sconfitti fino a quel preciso momento, nulla ha più importanza; tutto scompare, passa in secondo piano, un nuovo boss si erge di fronte a noi e tutto ricomincia da capo.

Affrontare un boss per la prima volta è un’esperienza videoludica unica, una delle più totalizzanti, demoralizzanti ed elettrizzanti al tempo stesso che vi possa mai capitare pad alla mano; così come il successo di una boss-fight è qualcosa che riempe di autostima e orgoglio, una gioia e al tempo stesso una liberazione. Si perché raramente, almeno nei giochi quelli più hardcore – quelli in cui ha senso parlare di boss-fight, mi riferisco ai souls e suoi derivati – ci libereremo in tempi brevi dell’ostacolo che ci si para innanzi. Spesso occorrono giornate intere, anche settimane per venirne a capo – dipende ovviamente dal tempo che possiamo dedicare al nostro passatempo preferito – e più tempo impiegheremo, più saremo pervasi da uno stato di angoscia, giorno e notte. Ebbene sì, quante notti ogni hardcore gamer avrà trascorso, prima di addormentarsi, a ripensare ai moveset del boss, a come schivarlo e contrattaccare, a ripassare mentalmente i suoi attacchi concatenati e i movimenti corretti da eseguire al momento giusto. Perché per sconfiggere un boss occorre essere tecnicamente perfetti.

Si inizia con l’osservazione e lo studio dei suoi moveset di base, i suoi attacchi, magari imparando a distinguere tra quelli fisici e quelli elementali, per comprendere quali elementi sfrutti il boss e verso quali sia più debole così da equipaggiarci con il giusto set di attacco-difesa, in soldoni, l’armatura o l’arma più efficace contro quel particolare elemento. I primi tentativi servono proprio a questo, a comprendere le meccaniche di base di quello che sarà poi lo scontro vero e proprio. E moriremo, tante (troppe) volte, prima di iniziare a capire. Ed è qui che inizia la parte difficile, proprio quando iniziamo a capire: l’arena di scontro ci diventa familiare, la melodia che accompagna la boss-fight ormai risuona nella nostra mente e la canticchiamo a denti stretti, riusciamo a prevedere alcuni attacchi della bestia e a reagire di conseguenza; mettiamo a segno qualche colpo, ci sentiamo un pò meno impotenti, il pensiero di riuscire ben presto a prevalere ci sfiora. Ma è solo un’illusione.

Eh già, perché molto spesso arrivati a metà di una boss-fight e prese le misure al boss di turno questi ci spiazzerà, diventando molto più aggressivo e tirando fuori dalla manica tutto un nuovo set di attacchi che, oltre a farci molto male, ci costringeranno a rivedere l’odiosa scritta “You Died” ancora a lungo. Inutile girarci intorno, la seconda fase di una Boss Fight è una sfida estenuante e provante: solo arrivati a questo punto capiremo come la prima parte dello scontro fosse in realtà solo preparatoria e, soprattutto, una fase in cui occorrerà essere sostanzialmente perfetti e consumare meno pozioni/curativi possibile per avere una chance nella seconda. Il tema si fa ancora più incalzante, la velocità dello scontro aumenta e con essa i nostri riflessi, l’errore non è più ammesso, con il secondo siamo fuori dai giochi. Diventa una guerra di nervi e sangue freddo, occhi-cervello-dita diventano un tutt’uno, quello che vediamo a schermo viene rielaborato a velocità impensabili e si traduce in una pronta reazione delle mani con la pressione della giusta combinazione di tasti, che sia una schivata/rotolata o parata – eh no, non è la stessa cosa – un contrattacco o una fuga evasiva per curarci e riprendere fiato per un paio di secondi.

E infine quel momento arriva: lo scontro in cui siamo stati praticamente perfetti, la barra degli HP (punti salute) del Boss è quasi allo stremo ed è quello l’esatto istante che richiede più sangue freddo in assoluto: sappiamo che bastano ancora un paio di colpi per sconfiggere la bestia di turno ma non dobbiamo essere avidi, occorre avere ancora più pazienza del solito e aspettare il momento giusto; si perché è un attimo ingolosirsi di fronte all’opportunità di abbatterlo, abbassare le difese e attaccarlo, abbandonando la tattica che ci ha portati sino a quel punto; e, nonostante il boss sia stremato, senza pazienza e senza tattica saremo morti in un attimo. Aspettiamo il momento giusto, esaurita l’ennesima combo il boss riprenderà un pò di fiato, e noi saremo lì pronti ad assestargli il colpo definitivo. Il boss crollerà a schermo, e noi crolliamo dall’altra parte, rilasciando tutta la tensione accumulata; possiamo prenderci un bel respiro di sollievo: ce l’abbiamo fatta!

Sconfiggere il Boss di turno ci premierà spesso con una serie di oggetti rari o armi uniche, oltre che aprirci le porte per una nuova area di gioco e un nuovo step nella quest principale; godiamoci, fieri, il momento, raccogliendo tutto il possibile e facendo un veloce check di quanto lo scontro ci sia costato in termini di equipaggiamento e consumabili, ma proiettandoci già oltre: si perché conclusa una zona se ne apre un’altra, con nuovi nemici da sconfiggere – ancora più cattivi – una lunga strada impervia sino alla prossima arena di scontro e all’inevitabile boss successivo, estremamente più cattivo e insidioso di quello precedente.

C’è chi sostiene come oggi i videogiochi, grazie anche al loro sviluppo di massa, siano diventati più facili e accessibili a tutti; forse è anche per questo che titoli come i vari Dark Souls, Bloodborne, Sekiro – titoli sviluppati dalla celebre From Software e dal maestro Hidetaka Miyazaki – nonché tutti i derivati del genere, stanno riscuotendo sempre più successo, conquistandosi una fetta di pubblico ogni giorno più vasta, non solo tra gli hardcore gamers. In un mondo, quello videoludico, sempre più aperto e condiviso, è bello riscoprire di tanto in tanto la bellezza di un single player che ci metta davvero alla prova; da soli, sul divano o nel silenzio della nostra camera, provare a metterci in gioco nel gioco, testare le nostre capacità di riflessi e di apprendimento, studiare la tecnica del nemico affinando la nostra, avere una tattica e metterla alla prova. Tutto questo è sì, difficile e snervante, ma anche dannatamente appagante.

Senza nulla togliere ai videogiochi del passato, in cui c’erano già delle sfide estremamente difficili, complicate spesso anche da una grafica confusionaria e da meccaniche di gameplay ancora acerbe per i tempi, le boss-fight di oggi sono realizzate con una tale cura dal lato tecnico e ispirazione nella direzione artistica da rappresentare un’esperienza videoludica totalizzante, il cui valore spesso esula da tutto il resto.

Tra le tante boss-fight che mi hanno colpito – in tutti i sensine ho scelte tre, quelle che mi sono rimaste più impresse e delle quali ancora oggi ho un ricordo indelebile, quelle dove questo perfetto mix di ferocia e arte videoludica trova, a mio giudizio, la sua massima espressione e compimento.


Gehrman, The First Hunter (Bloodborne)

”Stanotte, Gehrman si unisce alla caccia.”

Gehrman, The First Hunter

Accompagnato da queste parole Gehrman, “The First Hunter, si alzerà dalla sua sedia a rotelle – si, avete capito bene… – armato di una falce, la Lama della Sepoltura, concedendoci l’onore di affrontarlo in un ultimo, straziante duello.

Un boss iconico, in onore al quale questo blog ne porta fiero il nome; c’è poco altro da aggiungere, se non che la boss-fight finale di Bloodborne – di uno dei possibili finali, per l’esattezza – è una delle più memorabili e struggenti che sia mai capitato di affrontare.

Gehrman è il Primo Cacciatore e rappresenta, di fatto, il vero volto della Caccia. Il più antico e potente dei Vecchi Cacciatori, è anche il più misterioso, nulla si sa infatti della sua infanzia e delle sue origini. Quello che sappiamo, sin dall’inizio, è che Gehrman è da tempo immemore una guida per i cacciatori novizi; dall’interno dell’Hub centrale di gioco, il sogno del cacciatore, con poche e criptiche parole ci accompagnerà attraverso una tetra e sanguinaria notte, la lunga notte della caccia.

A rendere così epica la boss-fight finale è senza dubbio l’atmosfera dello scontro: saremo in un cimitero, illuminati da una luna piena enorme e spettrale, il Primo e l’Ultimo cacciatore uno di fronte all’altro, l’esperienza innata contro noi, giovani cacciatori; provati da una notte di abomini, da un’impietosa e feroce caccia, con un ultimo gesto fiero rifiuteremo la proposta di Gehrman di morire per uscire dal sogno e tornare alla realtà. Ma arrivati a questo punto ci saremo spinti troppo oltre per tornare indietro, vogliamo prendere il posto del nostro mentore, consci di essere ormai degni di restare nel sogno come guida per i futuri novizi, e per farlo dovremo inevitabilmente affrontarlo e sconfiggerlo.

Gehrman non ci darà mai tregua; la sua Lama della Sepoltura ha una gittata immane, non ci lascerà scampo raggiungendoci ovunque; a circa metà dello scontro, il nostro crudele avversario prenderà una pastiglia della belva, che lo renderà ancora più furioso e devastante nel suo incedere. Inutile dire che lo scontro è molto lungo e snervante, servono tanta pazienza e sangue freddo per portarlo a termine con successo. E si deve essere disposti a morire tante volte, prima di capire come venirne a capo; perché si, memorizzate le combo del nostro avversario, prima o poi troveremo la chiave di volta dello scontro, il segreto per evitare i suoi attacchi e contrattaccarlo senza pietà. E allora saremo noi a picchiare forte, inarrestabili.

Per una volta tanto, vincere lo scontro ci renderà fieri ma anche svuotati di un qualcosa, perché sconfiggere Gehrman alla fine non ci darà quella soddisfazione che speravamo; se non altro, perché non potremo affrontarlo di nuovo e riascoltare il tema solenne e maestoso che accompagna la boss-fight le cui note risuoneranno a lungo nella nostra mente, l’indelebile ricordo del duello al quale abbiamo avuto l’onore di prendere parte.

Indelebile, come le ultime parole del nostro mentore.

”La notte…il sogno…sono stati lunghi.”

Gehrman, The First Hunter

Genichiro e Isshin Ashina (Sekiro: Shadow Die Twice)

“Il nostro lungo viaggio di redenzione ci ha condotti sino a qui: abbiamo un conto in sospeso con Genichiro Ashina; il nemico giurato, l’uomo che sul campo dall’erba d’argento ci ha mozzato il braccio sinistro e lasciato esanimi, portandosi via Lord Kuro, il giovane che avevamo giurato di proteggere.

Rimasti orfani sul campo di battaglia e cresciuti sulla via degli shinobi, il destino ci aveva affidato il compito di proteggere Kuro, l’ultimo erede della famiglia Hirata e custode di un potere ancestrale, il Retaggio del Drago. Un segreto tanto oscuro quanto potente, capace di ribaltare le sorti di un’intera dinastia, e forse della storia. Un potere tale da valere al giovane il titolo di Erede Divino, e da esporlo alle mira del clan Ashina, un tempo potente famiglia ora sull’orlo della disgrazia, alla cui guida siede il patriarca Isshin Ashina, il Maestro, leggendario guerriero. Con quel potere, la gloria della famiglia Ashina poteva essere ristabilita, e questo il giovane Genichiro, suo nipote, lo sapeva bene; ci ha provato, ma non possiamo essere spezzati: il nostro destino, il destino di Sekiro, “il lupo senza braccio”, è legato indissolubilmente a quello del giovane Lord, siamo i servitori dell’erede del sangue divino e non conosciamo la morte.

Eccoci qui, la fine del nostro viaggio; di nuovo nel campo dall’erba d’argento, è notte e c’è la luna piena. Di fronte a noi ancora Genichiro ma stavolta siamo pronti, la nostra sete di vendetta è cresciuta al pari della nostra abilità, padroneggiamo l’arte della spada alla perfezione e non saremo noi a cadere; Genichiro nel profondo lo sa, così come il Maestro, e sappiamo bene che stavolta Isshin non resterà a guardare.”

Sekiro: Shadow Die Twice è un gioco pieno zeppo di boss – la mia personale guida su come sconfiggerli la trovate qui – ma di tutti i boss che incontreremo e, fidatevi, saranno davvero tanti, nessuno eguaglia la sfida finale: considerato che, in caso di fallimento, dovremo ogni volta sconfiggere Genichiro prima di affrontare Isshin, la coppia Genichiro-Isshin rappresenta una della boss-fight più assurde e difficili mai concepite dalla mente di Miyazaki.

Il primo duello sarà contro Genichiro, dopo averlo già affrontato nel corso del gioco; memori di quello scontro, ne conosceremo già i moveset di base ma sarà comunque una sfida provante, considerata la velocità pazzesca con la quale si combatte nell’ultimo capolavoro di From Software. Sconfitto, Genichiro punterà la lama mortale contro di se uccidendosi ed evocando dal suo corpo il potente patriarca della famiglia Ashina, il Maestro Isshin Ashina.

“L’esitazione significa sconfitta.”

Isshin Ashina

Lo scontro con Isshin prevede ben tre fasi distinte, in un crescendo di furia e di attacchi sempre più devastanti; Isshin colpisce davvero forte, e l’unico modo per fronteggiarlo è studiarlo nei minimi particolari e memorizzare alla perfezione i suoi attacchi, imparare a distinguerli dal minimo movimento del corpo e reagire di conseguenza. A complicare il tutto, come già accennato, c’è l’incredibile velocità imposta dal combat system, che costringe a ridurre al minimo i nostri tempi di reazione; ulteriore difficoltà che si aggiunge a quelle prevedibili di una boss-fight finale. L’ultima fase dello scontro – quando finalmente riusciremo ad accedervi – sarà sotto una tempesta di fulmini, tanto faremo fatica a riconoscere il campo dall’erba d’argento che ci ha accolti al chiaro di luna, in una delle arene di scontro più ispirate ed evocative di sempre.

Migliorare noi stessi, a tal punto da rendere il pad come un estensione del nostro braccio, così come lo è Kusabimaru – la katana – per il Lupo; il segreto di Sekiro è nascosto qui. Si deve fare pratica e allenarsi, investire tempo ed affinare la nostra tecnica, dedicare tutto noi stessi alla causa e andare oltre i propri limiti; altrimenti, semplicemente, non si prevale. Solo allora potremo avanzare, quando saremo un tutt’uno con il nostro alter ego, come in una danza che infrange la quarta parete, perché per sopravvivere in Sekiro: Shadow Die Twice occorre essere tecnicamente perfetti.


Re Senza Nome (Dark Souls 3)

"Nell’era degli antichi…
Il mondo era amorfo e avvolto nella nebbia.
Un regno di rupi grigie, alberi giganti e draghi eterni.

Poi venne il fuoco…

Dall’oscurità giunsero loro
E trovarono le anime dei lord nelle fiamme.
Nito, il primo dei morti,
La strega di Izalith e le sue figlie del caos,
Gwyn, il lord del sole, e i suoi fratelli cavalieri,
E il nano furtivo, spesso dimenticato.
Con la forza dei lord, essi sfidarono i draghi.

Così ebbe inizio l’era del fuoco.
Ma presto le fiamme svaniranno, 
e resterà soltanto l’oscurità…”

Con questi versi solenni e premonitori, la Profezia, si apre il terzo e ultimo capitolo della saga souls per eccellenza, quella di Dark Souls. E non c’è dubbio alcuno che la boss-fight più leggendaria, quella il cui ricordo lo porterò sempre con me, a prescindere da quanto è stato e da quanto verrà dopo, debba provenire da questo titolo.

Quella con il Nameless King è riconosciuta dalla community, quasi all’unanimità, come la boss-fight più difficile di Dark Souls 3, probabilmente una delle più difficili di sempre; per fortuna, si tratta di uno scontro opzionale, nel senso che è possibile terminare la quest principale del gioco senza doverlo affrontare, ma è chiaro che il senso di sfida che impone il titolo e la voglia costante di ogni hardcore gamer di mettersi alla prova, alzando sempre più l’asticella, rendono di fatto lo scontro con il Re Senza Nome un passo obbligato verso la gloria. O meglio, verso la Vetta dell’Arcidrago.

Ma cosa spinge esattamente noi, e altri cavalieri erranti, verso questo luogo così remoto? La Vetta dell’Arcidrago si trova nelle lontane montagne del Nord, visibili da ogni punto di Lothric ma apparentemente irraggiungibili; è un luogo di pellegrinaggio e devozione, intrapreso da pochi eletti nella speranza di acquisire il potere dei Draghi Eterni. Ma il vero segreto di questa Vetta è un altro. Oltre una coltre di fitta nebbia, al suono di una campana si risveglia un grande condottiero; in groppa ad un’antica viverna alata e armato di enorme lancia capace di scagliare elettricità, il Re senza Nome attende il suo sfidante. Egli è in verità il primogenito perduto di Gwyn, Primo Signore dei Tizzoni e cacciatore di draghi, come narrano i racconti epici; caduto in disgrazia e rinnegato, egli trovò rifugio presso l’inaccessibile vetta alleandosi con i Draghi, gli stessi nemici contro cui il padre aveva combattuto una vita. E sotto la protezione di un incantesimo impenetrabile nell’ultima dimora accogliente per i Draghi, secoli dopo il suo disonore mai dimenticato, egli attende noi.

La maestosità e l’epicità dello scontro sono uniche, pari solo alla sua tremenda difficoltà; suonata la campana e squarciato il velo di nebbia tra noi e l’inevitabile, ecco il Re calare dal cielo in groppa alla sua maestosa viverna. Il Re delle Tempeste – è con questo nome che lo conosceremo inizialmente – in groppa alla sua macchina di morte alata ci sembrerà sin da subito un avversario insormontabile. Armati di pazienza e fiducia in noi stessi, dovremo aspettare il momento giusto in cui la viverna si lancerà in picchiata verso terra, evitare il suo alito di fuoco e cercare di stordirla, stando attenti al contempo agli attacchi del suo spietato cavaliere. La prima fase di scontro è estremamente complicata, ma nulla a che vedere con la seconda; si perché, ucciso l’enorme drago, il Re Senza Nome pianterà la sua lancia nel corpo dilaniato della cavalcatura abbattuta, assorbendone il potere dei draghi e fondendolo con quello del fulmine: sarà a questo punto che il boss ci concederà l’onore di affrontarlo in duello sul campo di battaglia.

Lo scontro con il Re Senza Nome è di una cattiveria assoluta: ci colpirà di continuo, e lo farà forte, senza tregua. L’estrema difficoltà di questa boss-fight sta nel fatto che, anche una volta memorizzato l’intero set di attacchi del boss, questi continuerà comunque a farci parecchio male, arginare i suoi attacchi è dannatamente difficile; quando riusciremo a pararlo, egli spezzerà comunque le nostre difese danneggiandoci. Il Re Senza Nome non conosce pause, è incessante e irremovibile nella sua furia, rendendo molto difficile anche riprendere fiato e curarci al momento del bisogno. Mettiamo a segno qualche colpo, ma ci sembra di scalfire la superficie di una montagna di granito, ci sembra di essere quasi impotenti benché arrivati a questo punto del gioco saremo di certo livellati a dovere e sicuri di poter spezzare chiunque.

Il Re Senza Nome è una soglia di sbarramento, mette alla prova chiunque; è stata la prima, vera, boss-fight in cui ho pensato seriamente di non farcela. Poi alla fine è successo: una run sostanzialmente perfetta, entrambi allo stremo delle forze ma il colpo mortale, l’ultimo, stavolta è stato sferrato da questa parte e il Re Senza Nome è finalmente caduto. Niente salti di gioia, esultanze o altro…solo tanta stanchezza e consapevolezza, la consapevolezza di aver affrontato un avversario impareggiabile, e di aver alzato ancora un pò più in alto l’asticella della sfida pad alla mano.


Amo le boss-fight, si è capito, e chi ha provato o prova tuttora queste emozioni sa di cosa sto parlando; per tutti gli altri, penso sia giunto il momento di tirare le somme e rispondere alla domanda iniziale: affrontare una boss-fight è un’esperienza unica nel panorama dell’intrattenimento videoludico. Si resta ammaliati dalla direzione artistica dello scontro, dalle fattezze dei boss e dei loro movimenti, dalla bravura con cui vengono modellati e animati; si viene rapiti dall’atmosfera che ci circonda, dalla melodia in sottofondo sempre più incalzante e solenne e, nel mentre di tutto questo tripudio artistico, si viene bastonati forte e occorre pensare velocemente a come ribaltare le sorti di una battaglia dall’esito già segnato. C’è tutto in una boss-fight, il momento più alto e complesso di ogni produzione videoludica e, per quanto frustanti e demoralizzanti possano risultare, la soddisfazione che ci invade ogni volta ne veniamo a capo non ha davvero eguali.

E una volta sperimentato tutto questo, non si smette più.

I grandi duelli di Sekiro

Sekiro: Shadows Die Twice è un capolavoro di stile e ferocia unico nel panorama videoludico odierno. Un’esperienza in cui per la prima volta è il giocatore, e non il suo alter ego digitale, a dover livellare le proprie abilità per poter proseguire nell’avventura; molti non esitano a definirlo come il gioco più difficile e punitivo mai realizzato finora da From Software, e mi sento in parte di confermarlo. Dimentichiamo gli scontri pesanti di Dark Souls e la “danza” all’arma bianca e polvere da sparo di Bloodborne, stavolta la formula ideata da Miyazaki ci catapulta nel Giappone feudale del periodo Sengoku, proponendoci duelli ad altissima velocità che richiedono al giocatore dedizione e spirito di abnegazione totali per portare a termine l’avventura, sbloccando tutti i diversi finali possibili.

Giungere ai titoli di coda sarà un privilegio per pochi, soltanto per chi sarà disposto ad abbandonarsi al gioco completamente, ad imparare da ogni singolo errore e ambire a padroneggiare alla perfezione l’arte del combattimento, tecnicamente inattaccabile, sviluppata da From Software. Arte del combattimento che raggiunge la sua massima espressione durante le boss-fight, mai così tante in un singolo gioco e tutte meravigliosamente complicate. Con una cura per i dettagli quasi maniacale, dalle location degli scontri – alcune memorabili – alle dinamiche di sfruttamento dell’ambiente circostante, sopravvivere alle boss-fight di Sekiro non sarà affatto semplice, ed ecco quindi che ho deciso di realizzare una piccola guida “homemade” allo scopo di fornire un semplice quanto utile – spero – compendio per affrontare gli spietati e bellissimi duelli che ci vedranno protagonisti in Sekiro: Shadows Die Twice.

Guida alle Boss Fight

Il gioco è pieno zeppo di boss principali e secondari, tutti gli scontri saranno memorabili e indimenticabili, alcuni “soft”, nel senso che non impiegheremo intere settimane per venirne a capo, altri sono da togliere letteralmente il sonno, destinati a perseguitarci per le notti a venire. Ecco, in ordine di apparizione, i boss che dovremo affrontare in Sekiro, con le migliori strategie da adottare per averne la meglio:


Generale Naomori Kawarada

Difficoltà: 🗡

Partiamo subito alla grande! Una manciata di nemici, giusto il tempo di comprendere le prime meccaniche di gioco e subito ci troveremo di fronte il primo mini boss del gioco. Dopo l’Idolo dello Scultore vicino ai lupi, incontreremo un grosso samurai; si tratta dell’unico nemico nel cortile. Per abbatterlo facilmente, il consiglio è fare il giro dai tetti e colpirlo alle spalle, eliminando una delle sue barre di HP. A quel punto possiamo tranquillamente colpirlo dopo aver deviato, bloccato o schivato i suoi fendenti. La parata è sicuramente la tecnica meno rischiosa, perché una volta portata a termine la combo il generale lascerà un’ottima apertura perfetta per il contrattacco. L’altro attacco del boss è la spazzata, preannunciata da un simbolo rosso, evitabile saltando e contrattaccando in aria. Un avversario da rispettare per i novizi ma, col senno del poi, una sfida neanche così impegnativa. Ci attende ben altro nel proseguo!


Orco Incatenato

Difficoltà: 🗡

Vi chiederete: una sola spada di difficoltà per l’Orco Incatenato, come è possibile? Si, è possibile. L’Orco Incatenato sembra una grande minaccia dato che lo incontreremo nelle prime fasi di gioco, in realtà con piccoli accorgimenti risulterà uno scontro assai gestibile. Per prima cosa dobbiamo uccidere i tre nemici nell’area, specialmente l’infame al piano di sopra armato di lancia, che potrebbe esserci sfuggito e non vorremo di certo ritrovarcelo tra i piedi durante la boss-fight. A questo punto saremo solo noi contro l’Orco: dal momento che, inizialmente, l’orco sarà incatenato e impossibilitato a muoversi, sfruttiamo la cosa a nostro vantaggio per colpirlo più volte che possiamo, prima che riesca a liberarsi. Iniziata la boss-fight vera e propria utilizziamo il salto per evitare i suoi attacchi, non la schivata mi raccomando, e teniamo a mente che possiamo agganciargli la testa con il rampino per portarci alle sue spalle e sferrare qualche attacco. Si tratta di uno scontro di pazienza, ed è piuttosto semplice: possiamo tranquillamente batterlo senza farci mai colpire. L’importante è schivare con il salto, e attaccarlo ogni volta che possiamo. Avremo senz’altro notato che l’Orco ha gli occhi rossi: bene, un nemico con gli occhi rossi in questo gioco significa che è vulnerabile al fuoco. Essendo ancora alle battute iniziali, potremmo non avere la protesi Shinobi che ci consente di sparare fiamme ai nostri avversari, ma nelle run successive avremo un’arma in più per infastidire l’Ogre e mettere a segno alcuni colpi a buon mercato.


Generale Tenzen Yamauchi

Difficoltà: 🗡🗡 

Ignoriamo completamente il boss e dedichiamoci all’assassinio di massa di tutti i nemici nell’area: ci sono tre samurai sul retro, di cui due armati di fucile, un nano infame che suona una campana sul cornicione in alto a destra, allertando tutti gli altri, e qualche soldato sul fianco sinistro, nonché un soldato sulla piazza accanto al generale. La strategia migliore è ripulire l’area in modalità stealth, utilizzando l’idolo dello scultore sotto il ponte: risalendo uccidiamo nell’ordine il soldato davanti a noi, l’infame con la campana, i due fucilieri e i soldati che nell’ordine incontriamo a destra; per ultimo uccidiamo il soldato nella piazza, a difesa del generale; se saremo bravi a non farci scoprire, riusciremo a togliere al generale una vita con un altro attacco in stealth. A questo punto non ci rimane che affrontarlo; l’unico punto debole del boss è l’attacco alle spalle, di fronte a noi parerà tutti gli attacchi, pertanto schiviamo utilizzando il salto e tentiamo di posizionarci alle spalle. Occorre prestare molta attenzione ai suoi attacchi imparabili, ne ha due e sono molto difficili da prevedere, nonché un affondo quasi letale.


Gyoubu Oniwa

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡

Dopo esserci battuti con il generale Tenzen Yamauchi ci ritroveremo in un canyon dove verremo assaliti da un serpente gigantesco. Fuggendo e sopravvivendo ai vari attacchi (fondamentale sarà il rampino per scappare in alto), arriveremo a una sorta di ampio campo di battaglia. È in questo luogo che affronteremo la nostra prima vera sfida del gioco: Gyoubu Oniwa.

Armato di lancia e di un cavallo, questo Boss si rivelerà piuttosto difficile da affrontare per via dell’ampio raggio d’azione dei suoi attacchi. Come per ogni scontro, il nostro approccio deve essere improntato a capire le mosse del nemico, imparando come e quando schivare/bloccare. Analizzandolo noteremo che nella sua combo ci sarà sempre un attacco pesante che lo lascerà sguarnito per qualche secondo. Possiamo sfruttare questa occasione, o ancora meglio possiamo prenderlo alla sprovvista sfruttando il rampino quando ha il relativo simbolo di aggancio in testa, mettendo a segno almeno 2-3 fendenti prima di allontanarci di nuovo. L’aggressività con cui affrontare questo scontro dipenderà dal nostro stile di gioco, ad esempio è possibile anche rimanere al sicuro e aspettare il segnale verde per colpire: in questo caso è fondamentale sbloccare l’abilità che ci consente di attaccare in salto. Appena perderà la prima vita inizierà a fare una spazzata che ci costringerà a saltare per evitarla. Prestando attenzione anche a questo nuovo attacco, riusciremo a vincere la battaglia e ucciderlo con una classica esecuzione. Utilissime le Castagnole Shinobi per spaventare il cavallo e concederci qualche secondo per attaccarlo.


Cacciatore di Shinobi Enshin di Misen

Difficoltà: 🗡 🗡

Il Cacciatore di Shinobi è il primo boss che incontreremo nella tenuta Hirata. “Che diavolo è la Tenuta Hirata?” Per raggiungerla abbiamo bisogno di un particolare sonaglio che ci darà una anziana signora nelle prime fasi di gioco, nei Dintorni di Ashina. Sconfitto il primo mini-boss del gioco, proseguiamo dopo il vessillo del generale nello spiazzo con il gigante armato di martello, andiamo fino in fondo e scendiamo sulla sinistra per trovare l’anziana all’interno di una casa distrutta. Una volta ricevuto il sonaglio, dovremo portarlo al tempio in rovina e pregare accanto alla statua del Buddha sorridente sulla sinistra, accanto allo Scultore. Ecco sbloccata la nuova location.

Il consiglio fondamentale, prima di affrontare lo scontro, è quello di utilizzare dall’inventario il confetto di Gachiin che ci rende “quasi” invisibili, così da eliminare furtivamente almeno i due nemici fra noi e il boss, il fuciliere e quello di guardia alla fine del ponte. A questo punto nascondiamoci finché il boss, allertato dalle precedenti esecuzioni, non ci perderà di vista. Una volta al sicuro, sfruttiamo l’erba alta sulla sinistra per attaccarlo in modalità stealth e liberarci della prima barra degli HP. Per abbatterlo dovremo tentare di attaccarlo alle spalle: fondamentale, se sbloccata, risulterà l’abilità “Contromossa Mikiri” per bloccare i suoi potenti affondi di lancia e fargli molto danno alla postura; molto utili sono anche le castagnole Shinobi per stordirlo e attaccarlo senza sosta, sempre allo scopo di far crollare la sua postura. Non si tratta di uno scontro particolarmente complicato, la difficoltà sta nel fatto che i suoi affondi non si possono deviare, se non con l’abilità sopra citata: giocando all’attacco e schivando in avanti non avremo problemi. La chiave è concentrarsi sulla postura del boss e non sulla barra della salute.


Juzou l’Ubriacone

Difficoltà: 🗡 🗡

Il boss in questione non è particolarmente difficile, a patto di eliminare preliminarmente tutti i nemici nell’arena e chiedere aiuto al samurai appostato sulla riva dello stagno. Entrati nell’area di scontro, il consiglio è quello di dirigersi a sinistra ed eliminare subito le due guardie appostate all’interno della pagoda; a questo punto si può andare a parlare al samurai vestito di blu, sul lato destro dello stagno, il quale combatterà al nostro fianco. Il suo aiuto è indispensabile, perché distrarrà il boss mentre ci prenderemo cura di tutti i nemici minori. Purtroppo, il nostro amico samurai morirà dopo pochi secondi, quindi bisogna cercare di eliminarli alla svelta. Il metodo migliore per sconfiggere Juzou, che poi è lo stesso per tutti gli altri boss, è schivare e posizionarsi alle sue spalle per infliggergli un paio di colpi nella schiena. Juzou non è in grado di colpirci se schiviamo verso di lui, quindi sfruttiamo la meccanica a nostro vantaggio. Altrimenti, possiamo attaccarlo tranquillamente ogni volta che beve o infonde la spada, per il resto basta solamente stare attenti ai suoi attacchi imparabili, che possiamo schivare saltando all’indietro o in avanti, mai lateralmente. Ripetere l’operazione, e l’ubriacone crollerà presto.


Falena

Difficoltà: 🗡 🗡🗡 🗡

La Falena è il boss finale dell’area di gioco “Tenuta Hirata”, si tratta di uno scontro molto bello ed evocativo, ma al contempo la prima vera sfida ardua del gioco.

Il boss, anche se all’inizio non sembra, ha due vite: per eliminare la prima, la strategia è quella consigliata per quasi tutti i boss veloci, cioè concentrarsi sulla sua postura piuttosto che sulla barra della salute. La Falena ci attaccherà con una serie di colpi rapidi, pertanto pariamo e colpiamo appena ci lascia l’occasione, la tattica migliore è colpire e schivare lateralmente, colpire e schivare, a ripetizione; quando si solleva, colpiamola con gli shuriken e riportiamola a terra, dove potremo utilizzare il fendente turbine per fargli danno. Prestare particolare attenzione ai suoi attacchi pesanti, preannunciati dall’ideogramma rosso, da schivare velocemente con salto. Rimanendo concentrati, attaccando e schivando senza sosta, riusciremo a toglierle la prima barra HP, per iniziare la seconda fase dello scontro.

Se saremo abbastanza veloci, prima che la Falena appaia di nuovo sul campo di battaglia, potremo posizionarci alle sue spalle, nel punto dove è apparsa la prima volta, e colpirla decisi con una serie di attacchi. Ora dovremo fronteggiare, oltre al boss, anche una sorta di illusioni, che potremo far svanire utilizzando dei particolari semi, i “semi della percezione” che ci consegnerà l’NPG all’ingresso della zona. Senza l’utilizzo dei semi, il consiglio è quello di correre veloci lungo il perimetro della sala, cercando di cambiare direzione continuamente per non dare punti di riferimento; ignoriamo il boss e scappiamo fino a che le illusioni non saranno sparite, altrimenti non avremo scampo.

Terminate le illusioni, massima attenzioni alle luci che ci seguiranno per colpirci: ancora una volta, scappare il più lontano possibile e saltare a ripetizione cambiando direzione. Terminato lo “show” della Falena, ricominciamo ad attaccare: lo schema di approccio è sempre lo stesso, schivata e attacco a raffica fino a sfiancare la nostra “simpatica” amica, nonché maestra shinobi, come scopriremo lì a breve. 


Toro Ardente

Difficoltà: 🗡 🗡

La prima cosa è non spaventarsi di fronte all’ira e alle dimensioni del boss in questione: il Toro Ardente è un boss gigantesco e impazzito che ci caricherà di continuo e spesso, con nostra grande frustrazione, occuperà gran parte dello schermo. Senza paura, quindi, vediamo come affrontarlo.

Il toro fiammeggiante ha un sacco di HP, però ha una sola barra della salute e non può bloccare nessuno dei nostri attacchi. Di contro, però anche noi non potremo parare i suoi: anche se li blocchiamo, subiremo comunque qualche danno. È importante tenere a mente che il Toro può colpirci solamente con le corna, il suo attacco base sarà caricarci e attaccarci con le stesse piantando i piedi per terra; bisogna stare attenti all’attacco che oneshotta, quello in cui fende il terreno con le corna: teniamo sempre le distanze. La regola generale è: mai schivare lateralmente, ma correre intorno al toro in una sorta di “inseguimento” per portarci quando possibile alle sue spalle; le Castagnole Shinobi lo stordiscono per svariati secondi, dandoci il tempo di curarci o di attaccarlo con calma. Questo è il primo scontro di Sekiro in cui occorre concentrarsi sulla vitalità e non sulla postura; ricordate: la fretta e i rischi inutili sono pessimi compagni di viaggio per affrontare questo boss.


Generale Kuranosuke Matsumoto 

Difficoltà: 🗡 🗡🗡

Troveremo il Generale Matsumoto ad attenderci in cima alla scalinata che conduce alla Torre della Luna, circondato da 4 “simpatici” fucilieri: inutile dire che il primo obiettivo sarà eliminare i suoi comprimari. Il metodo più semplice e “indolore” è quello di eliminarli dalla distanza con gli shuriken, evitandoci così un sacco di fucilate addosso. A questo punto il consiglio migliore è quello di allontanarci dall’area di scontro, fino a far cessare l’allerta del Generale; scaliamo i tetti, preferibilmente quelli alla nostra sinistra, attendiamo che il boss ritorni nella sua posizione iniziale e togliamogli una vita dall’alto, con un attacco in salto.

A questo punto inizia il duello vero e proprio: il Generale è molto forte, sia in termini di HP che di postura, ma soprattutto per il livello di danni che ci farà ad ogni colpo. A complicare la boss-fight ci si mette l’arena di scontro, una scalinata lunga e stretta, non proprio il massimo per portare a termine delle schivate perfette. La tecnica migliore è quella di stargli abbastanza vicini (ma non troppo!!) ed eseguire il fendente turbine in loop, stando attenti al suo affondo micidiale, preannunciato dal solito ideogramma rosso. Ci vuole un pò di pazienza ma, colpo dopo colpo, riusciremo ad avere la meglio. 


Ombra Solitaria con spadone

Difficoltà: 🗡 🗡🗡

Sono sincero, questi boss secondari – perché si, ne incontreremo più di uno – mi hanno dato parecchio filo da torcere. L’Ombra Solitaria in questione è un ninja davvero abile e veloce con la spada, tanto che affrontarlo in uno scontro faccia a faccia ci richiederà sostanzialmente di essere “perfetti”. Per ridurre la difficoltà dello scontro si può utilizzare una doppia strategia: la prima è quella di togliergli subito una vita dall’alto, colpendolo in caduta attraverso la crepa del terreno; la seconda, una volta all’interno, è quella di sfruttare il dislivello dell’arena di scontro, colpirlo con il fendente turbine quando sale, scendere e aspettare di colpirlo quando scende, per poi risalire e colpirlo di nuovo. Si lo so, non è una tecnica così “onorevole” ma ci eviterà la frustrazione di affrontare un duello ad altissima velocità in uno spazio angusto. Si può ripetere in loop la tattica sopra esposta, fino a sfiancarlo, stando sempre attenti ai colpi che ci sferrerà nel mentre. Ovviamente si può decidere di affrontarlo a viso aperto, in questo caso avremo bisogno di tutto il sangue freddo e riflessi possibili, essere perfetti nei tempi di parata e contrattacco, e schivare a destra i suoi attacchi più letali. Un (mini…?) boss veramente ostico.


Guerriero Shichimen

Difficoltà: 🗡 🗡🗡

Questo strano boss secondario lo incontreremo per la prima volta nelle segrete di Ashina e il primo istinto che avremo sarà quello di lasciarlo perdere, visto che non ostacola in alcun modo il nostro cammino. Affrontare questo boss all’inizio è difatti altamente sconsigliabile, ma a gioco avanzato è utile fargli visita, in quanto ci dropperà un oggetto molto importante, il “Cerimonial Tanto”, un pugnale che ci consente di convertire i nostri punti salute in emblemi spiritici.

Per sconfiggere il Guerriero Shichimen avremo bisogno dei Confetti Divini, oggetti fondamentali per aumentare notevolmente i danni inflitti alle essenze spettrali, nonché di parecchi Agenti Calmanti, per ridurre il terrore che ci infliggerà; per prima cosa saltiamo dall’alto e iniziamo a colpirlo a ripetizione con la spada infiammata; se dobbiamo proteggerci, utilissimo sarà l’Ombrello lilla, anche nei confronti del flusso che ci convoglierà contro al termine della prima fase. Quando si alza in volo, se saremo abbastanza vicini e precisi, potremo provare a sferrare un colpo critico in salto.

La seconda fase è sostanzialmente la stessa della prima, quindi colpiamolo a ripetizione e usiamo gli agenti calmanti quando il nostro livello di terrore inizia a crescere. Un boss secondario all’apparenza ostico e, di fatto, è proprio così!


Sette Lance di Ashina – Shikibu Toshikatsu Yamauchi

Difficoltà: 🗡 🗡

Dimentichiamo tutto quello che abbiamo imparato fino a questo momento: con questo mini-boss, le schivate sono completamente inutili; oltre ad avere HP praticamente infiniti, la sua lancia ha un raggio tale da vanificare la nostra abilità evasiva.

Per prima cosa, bisogna infliggergli un attacco in stealth per liberarsi di una barra della vita: per farlo, dopo aver eliminato – sempre in stealth – tutti i nemici nell’area, passiamo per il burrone a sinistra per aggirarlo e sorprenderlo alle spalle. A questo punto la tattica senza dubbio migliore è quella di incalzarlo costantemente con la tecnica del salto in testa e affondo, da ripetere in serie senza lasciargli praticamente mai l’iniziativa. Se qualcosa dovesse andare storto, è fondamentale allontanarsi il più velocemente possibile dalla sua lancia, ritrovare il tempismo giusto e ricominciare da capo.


Jinsuke Saze

Difficoltà: 🗡 🗡

Probabilmente, il boss più “scarso” di tutto il gioco, eppure con un solo colpo può farci fuori. Com’è possibile che sia il più facile allora, vi chiederete? La risposta è, banalmente, la più scontata: bisogna assolutamente evitare di farci colpire, sfruttando al contempo la sua difesa debolissima, in termini di postura. Come fare quindi?

Ci sono 2 vie: la prima è quella di parare i suoi colpi velocissimi e contrattaccare; per farlo, occorre essere tempisticamente perfetti: quando la sua lama si illumina, premere immediatamente – e rapidamente – due volte il tasto parata per deviare i suoi colpi, e contrattaccare; basteranno due-tre combo per togliergli la vita.

Se non riusciamo a mettere in pratica la tecnica descritta – eventualità molto probabile visto l’incredibile tempo di reazione richiesto – c’è la seconda: giragli intorno verso sinistra, schivare sempre a sinistra quando parte l’affondo e attaccare, con la spada o, meglio, con l’ascia della scimmia, per fargli più danno; anche in questo caso bastano un paio di colpi per ogni barra di HP.


Genichiro Ashina

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡 🗡

Lo scontro con il boss più “semplice” ci conduce direttamente a quello, probabilmente, più difficile della prima metà della nostra avventura. Incontreremo di nuovo Genichiro Ashina, il guerriero responsabile della nostra protesi e del rapimento di Lord Kuro, il fanciullo che abbiamo giurato di proteggere. Il duello ci chiederà di mettere in pratica tutta l’esperienza e le tecniche che avremo acquisito fino a questo punto.

Prepariamoci a morire un sacco di volte, lo scontro con Genichiro è senza ombra di dubbio il duello che più ci permetterà di “farci le ossa” in Sekiro; non solo, ci servirà per migliorare i nostri tempi di reazione, padroneggiare il combat system e, cosa non banale, memorizzare il suo pattern d’attacco. Senza prendersi rischi inutili, bisogna cercare poco alla volta di indebolire la sua postura, deflettendo colpo su colpo i suoi attacchi, per poi sferrare il colpo mortale. Non è uno scontro facile, considerata l’abilità di Genichiro e la sua velocità, con la quale potrà farci male in ogni momento, soprattutto quando non saremo “perfetti” nelle nostre esecuzioni.

Con pazienza e perseveranza riusciremo ad eliminare le sue due barre HP, ma non potremo ancora tirare un sospiro di sollievo; lo scontro, infatti, non sarà ancora finito. Con nostra sorpresa Genichiro si toglierà l’armatura e diventerà ancora più rapido e furioso, con l’aggiunta di un attacco con fulmini che se non arginato ci ucciderà all’istante.

In questa fase è fondamentale non farsi prendere dal panico: lo scenario intorno a noi cambierà, con tuoni e fulmini, e avremo come l’impressione di avere di fronte un avversario completamente nuovo da affrontare; in realtà basta prestare attenzione ai suoi 2 nuovi attacchi, uno caricato in slancio, da schivare lateralmente o con il Mikiri, e una combinazione di attacchi da parare per poi contrattaccare. Il segreto del successo di questa fase sta nel riuscire a respingere l’attacco con fulmini: quando lo vedremo piantare la spada a terra, attendiamo l’ideogramma rosso e la comparsa dei primi fulmini; quello è il momento esatto per saltare e premere il pulsante di attacco leggero mentre siamo in aria, respingendo l’attacco contro Genichiro: se saremo bravi nelle tempistiche, riusciremo a bloccare la scarica di fulmini e a restituirgli il favore, infliggendogli un sacco di danni.

In questa fase dello scontro ci vuole molto sangue freddo, pazienza e il giusto tempismo per gli attacchi e le schivate. Un duello epico, sicuramente il boss più difficile da affrontare nella prima parte della nostra avventura. Sconfitto Genichiro, ve lo garantisco, non saremo più gli stessi pad alla mano.


Guerriero Corazzato

Difficoltà: 🗡 🗡 

Ci imbatteremo per forza in questo guerriero esplorando la regione del Monte Kongo, una delle location più belle e suggestive del nostro viaggio. La cosa importante da sapere sul guerriero corazzato è che non recupera mai la postura nel corso del combattimento, quindi basta giocare bene le nostre carte e concentrarsi su di essa, riducendola piano piano senza correre rischi. Si tratta di un altro scontro di pazienza: occorre rimanere più vicino possibile al boss e parare i suoi attacchi, fino a che non ci colpirà con un affondo: schiviamolo in avanti, andiamo alle sue spalle e colpiamolo, senza esagerare. Proseguire nella strategia indicata fino a quando la barra della postura sarà quasi piena, a questo punto avviciniamoci al balcone e con un colpo mortale potremo scagliarlo nel burrone sottostante. Importante: questo è l’unico modo per eliminarlo, dovremo abbatterlo proprio sul bordo.


Centopiedi Sen’Un 

Difficoltà: 🗡 

Boss opzionale affrontabile nella location del Monte Kongo – Tempio Senpou. Anche se pare difficile orientarsi tra le tante pagode della regione, il mini-boss si trova in quella più a destra dopo il terzo Idolo dello Scultore; l’unico modo di entrare è attraverso un buco nel tetto.

Per prima cosa, eliminiamo i tre nemici sopra i cornicioni di legno, cercando di non cadere di sotto per non allertare il boss. Una volta ripulita l’area, potremo fare un attacco in caduta per rimuovere una barra degli HP in tutta sicurezza. Uccidiamo i due nemici più piccoli e poi concentriamoci sul nemico: schivare non serve a nulla, ma possiamo deflettere la sua intera combo – una volta memorizzato, il tempismo è piuttosto semplice – e usare il salto al momento giusto per fargli gravissimi danni alla postura e infliggergli un colpo mortale. Uno scontro facilissimo e brevissimo.


Scimmie del Tempio Senpou

Difficoltà: 🗡

Per affrontare le Scimmie del Tempio Senpou, dovremo interagire con l’altare del Tempio Senpou; da ricordare che questo particolare boss non sarà disponibile finché non avremo sconfitto Genichiro Ashina e parlato con Isshin su indicazione di Lord Kuro.

Si tratta di una boss-fight basata sulle meccaniche, un po’ come accadeva con Micolash per chi ha giocato a Bloodborne. Dovremo uccidere 4 scimmie in totale, e correre dietro a ciascuna non ci aiuterà affatto. Ecco come eliminarle tutte:

  • Scimmia Invisibile: Appena spawniamo nell’area, muoviamo qualche passo in avanti, poi giriamoci subito e attacchiamo lo spazio vuoto dove siamo apparsi; lì si trova la scimmia invisibile e, se avremo fortuna, la abbatteremo subito. In caso non si trovasse nel punto indicato, potremo trovarla nella torre a sinistra dell’arena, nei pressi dell’acqua, dove c’è una nota attaccata al muro.
  • Scimmia Verde: Saltiamo sul grande albero al centro dell’area, e vedremo la Scimmia Verde saltare sul tetto. Avviciniamoci, ma senza salire sul tetto, rimaniamo al piano terra. C’è una grossa campana con una nota: quando la scimmia è ferma sulla balconata, colpiamo la campana e questa stordirà la scimmia: saliamo sul balcone e colpiamola con un attacco alle spalle. Facilissimo.
  • Scimmia Viola: Andiamo nella torre di sinistra: la scimmia viola si trova in questa zona, ma non appena ci vedrà comincerà subito a scappare. Per prima cosa, dovremo spegnere le luci; apriamo le porte nella torre di sinistra e il vento spegnerà tutte le torce. A questo punto continuiamo ad inseguire la scimmia viola finché non torna al punto di partenza; una volta che è nella torre, lasciamoci cadere su di lei dal tetto e abbattiamola con un’esecuzione.
  • Scimmia Rossa: Questa è la scimmia con il tamburello, e non è particolarmente difficile. Dovremo trattarla come un nemico qualsiasi: portiamoci alle sue spalle, silenziosi  avviciniamoci lentamente fino a farle un’esecuzione. Non c’è una tattica specifica, dovremo solo inseguirla e prenderla mentre abbassa la guardia.

Shirafuji Occhi di Serpente

Difficoltà: 🗡 🗡 

Quando la vedremo per la prima volta – perché si, anche se non sembra, Shirafuji è una boss-fight al femminile – sarà girata dritta verso di noi. Ignoriamola subito, prendiamo il percorso a sinistra e attraversiamo il ponte fino a dove si interrompe. È fondamentale equipaggiare l’ombrello caricato, utilissimo in quest’area per proteggerci dai fucilieri appostati ovunque. Cessata l’allerta, torniamo al boss e avviciniamoci senza farci vedere, dal lato sinistro potremo aggirarla alle spalle e infliggerle un potente attacco in stealth. In fase di combattimento, il consiglio è utilizzare il pugnale Sabimaru fino ad avvelenarla; a questo punto potremo farle un sacco di danni alla postura. Attacchiamo quando ce lo consente, per il resto dovremo deflettere i suoi attacchi in combo (2 o 3 colpi) e stare molto attenti a due cose: anzitutto, ai colpi di fucile che scaglia in chiusura delle combo; in secondo luogo, al suo attacco imparabile, una presa che infligge gravissimi danni. Mai e poi mai, per nessuna ragione, curarsi di fronte a lei: cercare riparo dietro la roccia e bere la fiaschetta solo quando siamo al sicuro. Se affrontato come descritto, risulterà uno scontro abbastanza facile.


Centopiedi Braccia Lunghe Giraffa

Difficoltà: 🗡

Strategia esattamente identica al Centopiedi incontrato sul Monte Kongo, in questo caso senza ulteriori nemici da eliminare. La boss-fight più semplice di sempre.


Scimmia Guardiana

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡

Dopo una serie di boss “accessibili” arriva uno scontro che ci terrà impegnati per parecchie ore, uno tra i boss più pericolosi e furiosi dell’intera avventura.

La Scimmia Guardiana nella prima fase ha un pattern di attacco abbastanza semplice da memorizzare; nonostante ciò, il minimo errore ci condurrà a morte certa. Il segreto sta nel correre e indietreggiare quando la vedremo caricare, restare sempre a dovuta distanza e muoverci di continuo; i momenti buoni per colpirla sono quando si rotola a terra e quando si getta verso di noi, le castagnole Shinobi sono una buona tattica per stordirla e guadagnare secondi preziosi per colpirla. Attenzione al masso che ci lancerà contro, che ci ucciderà sul colpo o ci avvelenerà: schivarlo all’ultimo istante con un salto all’indietro.

Quando con il colpo mortale le taglieremo la testa, con nostra sorpresa la vedremo rialzarsi e, armata di spada, dovremmo affrontarla di nuovo. Ora le cose si fanno complicate: il metodo più semplice, anche se abbastanza lungo, consiste nel correre in circolo facendoci inseguire, aspettare che si tuffa in spazzata, saltare e affondare un colpo, per poi allontanarsi velocemente. Da evitare il raggio d’azione del suo urlo, una nebbia rossa che ci riempirà di terrore fino ad ucciderci. In alternativa, possiamo provare a deviare i suoi colpi e l’affondo finale, così da stordirla e arrecarle molti danni alla postura, ma ciò richiederà tempismo perfetto e nervi saldi, esponendoci di continuo al rischio della sua nebbia di terrore. Qualunque tecnica decideremo di adottare prepariamoci, sarà uno scontro molto lungo.


Shirahagi Occhi di Serpente 

Difficoltà: 🗡 🗡  

Il boss è molto simile a quello incontrato nella Forra, ma il contesto è diverso e va approcciato con un piano ben definito. Per prima cosa occorre liberare l’arena di scontro dai 3 fucilieri: il primo lo troviamo sotto di noi, eliminabile con un colpo mortale dall’alto; velocemente, utilizzando il rampino tra gli alberi a sinistra, piombiamo sul secondo e lo eliminiamo da dietro; il terzo ci aspetta nell’isolotto centrale, cadiamo dall’alto alle sue spalle e facciamolo fuori.

A questo punto possiamo dedicarci al boss; memorizziamo velocemente le sue combo: tre spazzate con il fucile, spazzata più colpo di fucile, affondo, e colpo di fucile da lontano. Al termine di ogni combo avremo un lasso di tempo per poterla attaccare, con non più di due colpi, al fine di evitare il suo contrattacco. Le due vite del boss sono sostanzialmente identiche, quindi prestiamo attenzione, in particolare ai suoi colpi devastanti con arma da fuoco, ed il gioco è fatto.


Scimmia Guardiana Immortale

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡

Negli abissi di Ashina ritroveremo, con nostra sorpresa, la Scimmia Guardiana senza testa ad attenderci; si, esatto, è proprio lo scimmione al quale avremo tagliato la testa in precedenza, ancora più furioso di prima! La boss-fight è identica alla seconda fase del boss Scimmia Guardiana affrontato nella Forra; nella prima fase dello scontro evitiamo tutti i colpi, in special modo il suo urlo di terrore, e aspettiamo che si slanci in aria e successivamente esegua un affondo di spada a terra: con il giusto tempismo, potremo deviare il colpo, stordirla e arrecarle un sacco di danni. Eliminata la prima vita, sembra incredibile, ma ci troveremo ad affrontare ben due boss: ancora la Scimmia Guardiana senza testa e la Scimmia Guardiana della Forra.

Prepariamoci ad una fase di scontro lunghissima, in cui il nostro obiettivo principale sarà quello di evitare gli attacchi di entrambe, in special modo di quella senza testa. Concentriamoci sulla nuova scimmia, più debole e con meno iniziativa: colpiamola dalla distanza con gli Shuriken e attacchiamola con Kusabimaru solamente quando saremo sicuri di poter affondare un colpo in sicurezza, durante il suo grido o quando si lancia a terra; evitiamo qualsiasi iniziativa o leggerezza per cercare di accelerare lo scontro: andremo incontro soltanto a morte certa. Eliminata la nuova scimmia, torniamo ad occuparci della scimmia decapitata – per la quarta volta! – stessa dinamica della prima fase, calma e sangue freddo, deviazione dell’affondo, colpo mortale e finalmente ci saremo liberati di uno degli scontri più incredibili e difficili mai partoriti dalla mente di Miyazaki.


Tokujiro il Ghiottone

Difficoltà: 🗡 🗡

Le dinamiche sono le stesse di Juzou l’Ubriacone; vanno prima eliminati i comprimari del Boss, in questo caso alcune fastidiose scimmie, per poi dedicarci al nostro amico.

Possiamo fargli perdere le nostre tracce sfruttando il percorso a destra, per poi tornare in stealth ed eliminare una barra di HP. Durante lo scontro, evitare o parare la sua lama poderosa e attaccarlo quando ce lo consente, ovvero quando imbeve la lama di veleno e al termine di una combo. Come Juzou, il boss è vulnerabile alle spalle.


Nobile della Nebbia

Difficoltà: 🗡 

Giunti alla Foresta Nascosta, troveremo il villaggio completamente avvolto nella nebbia e i suoi abitanti in versione “ombra”; il responsabile di questa illusione è il boss in questione, un “non-si-sa-che-cosa” nascosto all’interno di una pagoda impenetrabile, dalla quale fuoriesce unicamente una melodia di flauto.

Dovremo salire sull’albero più alto vicino alla pagoda ed entrare attraverso una piccola apertura sul tetto; eliminiamo la prima vita del boss dall’alto dopodiché attacchiamolo senza dargli tregua, in breve lo avremo sconfitto. Spodestato il Centopiedi, ecco il boss più facile di sempre.


Senza Testa

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 

Senza dubbio, i tra boss opzionali più temibili dell’intero gioco. Incontreremo ben 5 boss “Senza Testa” nel corso della nostra avventura, in location più o meno nascoste. Ecco dove trovarli, in ordine di apparizione:

  • Senza Testa 1: Grotta nascosta nei Dintorni di Ashina, “Muro Esterno – “Scalinata”, zona raggiungibile con pochi salti partendo dalla torretta fuori il portone dell’arena di scontro con il Generale Tenzen Yamauchi, proseguendo a destra;
  • Senza Testa 2: Dintorni di Ashina, accedendo alla Forra e proseguendo a destra al primo idolo; raggiunto il lago, immergiamoci e riemergeremo nell’antro del boss;
  • Senza Testa 3: Castello di Ashina, in fondo allo stagno;
  • Senza Testa 4: Foresta Nascosta, nella zona iniziale avvolta dalla nebbia;
  • Senza Testa 5: Palazzo della Sorgente, in fondo al Lago.

Per affrontare questi pericolosi avversari è fondamentale utilizzare i Confetti Divini per colpirli, altrimenti non gli faremo danni apprezzabili; equipaggiamoci inoltre di agenti calmanti per ridurre il livello di terrore e dell’ombrello lilla, per proteggerci dai loro attacchi spettrali e contrattaccare con l’abilità “proiezione di forza”. Quando eseguono una spazzata e alzano lo spadone siamo pronti a togliere il lock, saltiamo in avanti e giriamoci immediatamente; i boss infatti tenderanno a scomparire e riapparire dietro di noi. Le due fasi dei Senza Testa sono identiche quindi ripetiamo, usiamo soprattutto l’ombrello e riusciremo a sconfiggerli tutti.

Quasi. Infatti, due dei cinque Senza Testa dovremo affrontarli sott’acqua, uno nel lago del Castello di Ashina e uno nel lago del Palazzo della Sorgente. A parte il fatto che non potremo parare, le regole dello scontro non cambiano: armiamoci dei confetti divini prima di immergerci, poi colpiamoli sempre una sola volta e nuotiamogli intorno, evitando i loro attacchi; senza fretta, hanno una sola vita quindi lo scontro sarà piuttosto breve. Quello in fondo al Lago ha un alter ego virtuale ombra: concentriamoci sull’originale ed elimineremo entrambi.


O’Rin dell’Acqua

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡

Probabilmente, il boss secondario più complicato dell’intero gioco. Questa “simpatica” fanciulla con il cesto in testa che suona uno shamisen è in realtà una shinobi formidabile, velocissima e letale; affrontarla in un duello di spada è praticamente impossibile, neanche se fossimo degli Shinobi nel mondo reale; parare i suoi attacchi è fuori discussione, farle danni apprezzabili pure.

Quindi, come si affronta? In realtà non l’ho ancora capito, ma nonostante ciò sono riuscito a sconfiggerla solamente al secondo tentativo. Come? Utilizzando un elemento dello scenario, le lapidi, un pò come accadeva con Padre Gascoigne in Bloodborne. Mettendo tra noi e il boss le lapidi che troveremo sulla destra, intanto riusciremo a respirare, poi avremo quei secondi necessari per attaccarla con il fendente turbine quando si avvicina. Con pazienza, sangue freddo e senza lasciare mai la posizione di vantaggio ottenuta, riusciremo ad avere la meglio ed eliminare una delle insidie più grandi dell’avventura.


Monaca Corrotta

Difficoltà: 🗡 🗡

Uno dei boss principali del gioco, in realtà non difficilissimo, ci arriveremo già “cattivi” e bene allenati. Ha una sola barra di HP, pertanto memorizziamo i suoi attacchi, devastanti ma abbastanza semplici da evitare, correndole lateralmente.

Le finestre ottimali per attaccarla sono al termine delle cinque spazzate e quando affonda a terra; utili sono le castagnole shinobi per stordirla e poterla colpire 2-3 volte, e i confetti di Ako per aumentare i danni inflitti. Abbiamo visto di peggio, e di peggio ancora ne vedremo.


Grande Serpe

Difficoltà: 🗡

Non un vero e proprio boss, ma uno dei grandi esseri che abitano le terre di Ashina. La prima volta lo incontreremo nel passaggio per la Forra dove, nascosti dentro un palanchino, riusciremo a sferrargli il primo colpo mortale; per ucciderlo dovremo recarci al santuario di ingresso al Monte Kongo, utilizzare l’abilità Ninjutsu burattinaio sul nemico col cappello e far volare l’aquilone.

A questo punto potremo raggiungere un altro passaggio per la Forra, sfruttando l’aquilone e il nostro rampino; dopo una serie di salti, raggiungiamo il trampolino di legno per sporgerci sopra il dirupo ed eseguire un colpo mortale dall’alto. Non resta che goderci l’esecuzione più maestosa di Sekiro.


Orco Incatenato – Castello di Ashina

Difficoltà: 🗡

Stessa boss fight affrontata all’inizio del gioco, si tratta sempre di un Orco Incatenato ma questa volta lo scontro si svolge all’interno di una sala del Castello Ashina; eliminiamo la prima vita del boss dall’alto, dopodiché sfruttiamo lo scenario, in particolare la piccola porta, per incastrarlo ed eliminarlo con facilità. Sfruttiamo le nostre protesi di fuoco e prestiamo sempre attenzione alla sua presa, altrimenti andremo incontro a morte certa.


Ombra Solitaria Mano Infida

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡

Nella stanza dove abbiamo affrontato Jinsuke Saze, troveremo ad attenderci un’altra Ombra Solitaria, detta Mano Infida (Vilehand). All’interno della sala c’è anche un altro shinobi, che potremo far combattere con noi attraverso la tecnica Ninjutsu Burattinaio: il suo aiuto sarà prezioso, anche se piuttosto breve. 

Il duello sarà ad altissima velocità, quindi non ha senso scappare, cerchiamo di deviare i suoi colpi e contrattaccare quando ce lo consente; memorizziamo i suoi movimenti e studiamo i momenti giusti per la parata. Attenzione ai  suoi attacchi con il pugnale avvelenato, da schivare lateralmente, teniamo pronti comunque gli antidoti. Sconfitto il boss, potremo tornare alla terrazza sul tetto, già teatro del duello con Genichiro, verso il primo finale possibile del gioco.


Grande Shinobi Gufo

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡 🗡

Se scegliamo di rinnegare Kuro, ci avvieremo verso il primo finale – il peggiore possibile – del gioco, il finale Shura e dovremo affrontare, in successione, Emma e Isshin. Se invece rimaniamo fedeli al fanciullo, scegliendo la via di Kuro, ci troveremo ad affrontare nostro padre adottivo, il Grande Shinobi Gufo. Inutile dire che si tratta di uno dei boss più forti e complicati dell’intero gioco, i suoi attacchi sono devastanti e se non si trovano subito le giuste contromosse non avremo speranze.

È importante cercare di memorizzare i suoi attacchi:

  • Quando ci lancia 2 shuriken, salterà e affonderà la spada a terra: schivare lateralmente e utilizzare il fendente turbine o l’arte equipaggiata; è il momento migliore che avremo per attaccarlo:
  • Quando ci calcia, salterà indietro e ci lancerà contro degli shuriken: saltiamo via e usciamo rapidamente dalla sua combo;
  • Quando lancia un solo shuriken, ci caricherà con una spazzata: pariamo e corriamo via, cercando di recuperare rapidamente la postura;
  • Quando ci verrà contro con la spada, potremo parare o deviare i suoi colpi, stando attenti ai danni alla nostra postura;
  • Quando lancerà una pallina verde, schiviamo laterale o in avanti, sfruttando la finestra temporale per colpirlo; cerchiamo di non respirare la polvere verde o verremo impossibilitati temporaneamente ad usare la fiaschetta curativa.

Le mosse saranno sempre le stesse, tuttavia si tratta di una boss-fight molto complicata per via della sua incredibile rapidità e degli ingenti danni che il Gufo ci procurerà ogni volta che sbaglieremo approccio. In realtà, dopo innumerevoli tentativi di scontro a viso aperto, ho realizzato che la tattica migliore è quella di muoverci di continuo lungo il perimetro e “provocare” il Gufo ad attaccarci, reagendo rapidamente con la contromossa giusta. Quando abbiamo bisogno di curarci, usiamo la Castagnola Shinobi e prendiamo la fiaschetta con calma, senza prenderci inutili rischi.

Riusciti nell’impresa di togliergli una vita, inizierà la seconda fase dello scontro: il move set del boss rimane lo stesso, aggiungerà di tanto in tanto un colpo a terra che solleva un gran polverone, facendocelo perdere di vista temporaneamente: saltiamo indietro, allontaniamoci velocemente e ricominciamo. Una boss fight molto complicata, lunga e, ovviamente, notevolmente appagante.


Ombra Solitaria Masanaga

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡

Una dannata Ombra, di nuovo.

Sconfitto il Gufo, e scelto un finale alternativo al primo, troveremo l’ennesima Ombra Solitaria, questa volta Masanaga, nel tempio della foresta dei bambù; avviciniamoci di soppiatto ed eliminiamo i cani a protezione dell’esterno, poi entriamo dal retro e togliamo una vita al boss con un colpo mortale alle spalle. Lo scontro è identico a quelli già affrontati, per facilitarci il compito teniamo le distanze ed utilizziamo l’ombrello caricato oppure lo scatto d’ombra. Anche Sabimaru è un opzione, a patto di deflettere con precisione i suoi contrattacchi. Ennesimo scontro ad altissima velocità.


Monaca Reale

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡🗡

Raggiunto il Palazzo della Sorgente ci troveremo ad affrontare la Monaca Reale, in uno scenario dalle tinte autunnali bellissimo. Si tratta di una boss fight piuttosto complicata, ma se non abbiamo avuto problemi in precedenza, non li avremo neanche stavolta.

Il Boss ha ben tre barre HP, ma per nostra fortuna la seconda potremo eliminarla sfruttando l’ambiente circostante, nello specifico i rami degli alberi che delimitano il ponte: se saremo veloci e precisi potremo sferrare il colpo mortale dall’alto.

Ma andiamo con ordine: in questa boss fight dovremo concentrarci sulla postura, quindi attacchiamo, memorizziamo bene i colpi (il suo move set non è difficile da ricordare) e pariamo ogni volta che possiamo, allontanandoci quando siamo in difficoltà; se riusciremo a sfruttare la contromossa Mikiri al termine della sua combo con doppio fendente, le arrecheremo ingenti danni alla postura.

Eliminata la prima vita, saliamo velocemente sull’albero più alto a sinistra, aspettiamo che la Monaca si materializzi sotto di noi e sfruttiamo l’attacco dall’alto per sferrarle il secondo colpo mortale.

La terza fase è senza dubbio la più complicata, in quanto il boss cambia completamente move set di attacco e diventa estremamente veloce, perdendo però, per nostra fortuna, parecchia resistenza ai danni da spada: il consiglio è quello di utilizzare le castagnole Shinobi, stordirla e colpirla più volte che possiamo, per poi allontanarci. Se saremo attenti e veloci, riusciremo a danneggiarle in maniera importante la barra della salute (in questa fase concentrarsi solo sulla barra degli HP) e a sferrarle il terzo e definitivo colpo mortale.


Toro Sakura

Difficoltà: 🗡 🗡

Eliminiamo i samurai sul tetto, poi occupiamoci del Toro Sakura. La strategia è la stessa dello scontro con il Toro Ardente, ma in questo caso saremo facilitati dal nostro livello attuale: corriamogli intorno, restiamogli sempre dietro e colpiamolo quando possiamo, sfruttando i confetti di Ako per aumentare  il nostro danno e velocizzare lo scontro. 


Capo Okami Shizu 

Difficoltà: 🗡 

Non si tratta di un vero boss, dobbiamo soltanto raggiungerlo con il rampino, evitare saltando il suo attacco in fulmine e riempirlo di botte rapidamente. Una passeggiata.


Drago Divino

Difficoltà: 🗡 🗡 

Nel Regno Celeste ci troveremo ad affrontare il Drago Divino, al fine di ottenere il dono delle lacrime e portare a termine la Recisione Immortale (altro finale possibile).

Si tratta di una boss fight finale molto tattica: per prima cosa eliminiamo i Vecchi Draghi dell’Albero, saltando sugli alberi che spuntano dal terreno e attendendo il momento giusto per sferrare i nostri colpi critici, ricordando di prestare attenzione al veleno che ci tireranno addosso. Eliminati i comprimari possiamo affrontare il Drago Divino; la tecnica è semplice: saltiamo di albero in albero fino a raggiungere quelli con l’elettricità ed usiamola contro il Boss premendo il tasto di attacco; quando verremo spazzati a terra, prestiamo attenzione agli affondi e alle spazzate di spadone del Drago, le prime parando e le seconde saltando e correndo velocemente.

Quando gli avremo tolta molta salute il Drago ci attaccherà con una serie di colpi continui e potenti: proteggiamoci con l’ombrello scudo e stiamo pronti a sferrare il colpo finale, mirando alla testa. Ripetiamo la tattica, curiamoci quando siamo a terra lontani da lui, e in men che non si dica avremo eliminato il Boss (forse) finale del gioco.


Genichiro Ashina

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡

Se abbiamo pensato che il Boss finale, tutto sommato, fosse abbastanza facile, è perché il Drago Divino non è il Boss finale. Raggiunto Lord Kuro nel campo dall’erba d’argento di inizio gioco, troveremo ad attenderci il nostro “amico” Genichiro Ashina: spogliato della sua armatura e abbracciata la Via di Tomoe, dovremo affrontarlo ancora una volta in un epico duello.

Lo scontro è difficile ma non “quasi impossibile” come la prima volta, stavolta avremo a disposizione l’intero campo di battaglia per schivare ed evitare i suoi attacchi; il suo pattern è più o meno lo stesso della terza fase dello scontro precedente, integrando un’ampia spazzata con la lama mortale al posto dell’attacco in fulmine. Il segreto è memorizzare il suo pattern e parare la maggior parte dei suoi attacchi, stando attenti al tempismo e alla nostra postura, e contrattaccare quando possiamo; presto scopriremo di avere delle finestre utili al termine dei suoi attacchi, per danneggiare in maniera significativa salute e postura.

Qualora decidessimo di affrontarlo in duello a viso aperto, scelta decisamente più appagante, questa è la guida a tutti i suoi colpi:

  • Genichiro alza la spada sopra la testa e inizia una combo lunghissima: memorizziamo e deflettiamo tutti i colpi; al termine, salto indietro o contromossa Mikiri: danneggeremmo pesantemente la sua postura;
  • Colpo caricato con lama mortale: andiamo velocemente alle sue spalle ed effettuiamo un doppio Ichimonji, per spezzare anche l’eventuale secondo colpo;
  • Colpo con arco e rotolamento in avanti: deflettiamo la freccia, il successivo colpo di spada e contrattacchiamo;
  • Quando siamo ad una certa distanza, Genichiro attaccherà in slancio; abbiamo diverse opzioni: fermi/avanti e contromossa Mikiri, schivata alla nostra sinistra e fendente turbine, schivata indietro e doppio Ichimonji;
  • Due affondi pesanti da destra e sinistra: deflettiamo entrambi e contrattacchiamo; mai, per nessuna ragione, scappare all’indietro: verremo colpiti dalle sue frecce;
  • Attacco con l’arco: pariamo le sue frecce; non proviamo a defletterle, Genichiro è troppo veloce e imprevedibile;
  • Salto e affondo: pariamo l’attacco in salto e contromossa Mikiri sul successivo affondo, oppure schiviamo lateralmente, mai indietro;
  • Simbolo della spazzata: saltiamo e colpiamolo sulla testa.
  • Colpo circolare in salto: pariamo e basta, attenzione a contrattaccare, Genichiro eseguirà un successivo doppio attacco in salto.

Se non vogliamo rischiare di sbagliare tra deviazioni e contrattacchi, restiamo sempre a una certa distanza, costringendolo all’attacco in salto: schiviamolo indietro o a sinistra e rispondiamo con il fendente turbine, per poi allontanarci di nuovo. Tattica lunga ma estremamente più sicura.

Sferriamo l’ennesimo colpo mortale a Genichiro e godiamoci il final…ehm, il prossimo boss!


Isshin Ashina, il Maestro

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡 🗡 

Sconfitto, Genichiro punterà la lama mortale contro di se uccidendosi ed evocando dal suo corpo il potente patriarca della famiglia Ashina, il Maestro Isshin Ashina. Dato che, in caso di nostra morte, dovremo ogni volta sconfiggere Genichiro prima di affrontare Isshin, la coppia Genichiro+Isshin Ashina è di gran lunga la boss-fight più difficile e frustrante di Sekiro: Shadows Die Twice. 

Lo scontro con Isshin sarà molto lungo e difficile, ben tre saranno le vite del Boss da spezzare, quindi prepariamoci al peggio.

La prima fase, concediamocelo, è la “più facile”: Isshin ci colpirà prevalentemente con tre tipi di attacco:

  • Quando inizierà a correre alla sua sinistra, ci attaccherà con tre colpi di spada: corriamo anche noi verso sinistra, al termine della combo facciamo in modo di essere alle sue spalle e colpirlo una/due volte;
  • Quando abbasserà la testa, ci verrà incontro e colpirà sempre tre volte: questa volta stiamo pronti a parare ed, eventualmente, deflettere e contrattaccare al termine, sempre una sola volta;
  • Quando metterà mano alla spada e vedremo un luccichio, stiamo pronti a correre e, come nel primo attacco, portiamoci alle sue spalle: sarà la nostra finestra migliore per attaccarlo.

A questi colpi potrà aggiungere di tanto in tanto un affondo Ichimonji, da schivare lateralmente o correndo indietro, e una doppia onda d’urto con la spada, da evitare lateralmente, al termine della quale facciamo in modo di trovarci sempre alle sue spalle per colpirlo. Se ripetiamo lo schema, potremo portare a termine un esecuzione pulita, risparmiando preziose fiaschette per le fasi successive. Altra tecnica, per velocizzare la fase di scontro, è restargli attaccati e parare tutti i suoi colpi, per poi eseguire un doppio Ichimonji al termine di ogni sua combo; quando vedremo l’ideogramma rosso, Mikiri e contrattacco; in questo modo danneggeremo la sua postura e concluderemo velocemente la prima fase dello scontro.

Ora le cose si fanno complicate: Isshin si armerà di una lancia dalla gittata improponibile e ci “sparerà” addosso con una pistola. Cerchiamo di restargli abbastanza vicini, ma non troppo, in modo da costringerlo ad attaccare in salto e affondo: questa sarà la finestra migliore che avremo per colpirlo, corriamo e schiviamo in avanti (mai lateralmente o verremo massacrati) andiamo alle spalle e colpiamolo una/due volte, poi pronti in parata. Possiamo parare quasi tutti i suoi colpi ma la nostra postura ne risentirà, quindi appena possibile usciamo dalle sue combo, recuperiamo postura e ricominciamo. Quando ci sparerà 4 colpi di pistola, proviamo e defletterli e prepariamoci per una contromossa Mikiri al termine, altra finestra importantissima da sfruttare. Quando esegue una serie di spazzate teniamoci a distanza, al termine effettuerà un affondo e quando vedremo il relativo ideogramma prepariamoci nuovamente al Mikiri: viene da se che, sbagliando la tempistica, saremo “oneshottati”, quindi proviamoci a nostro rischio e pericolo.

La terza e, finalmente, ultima fase è come la seconda, con l’aggiunta dell’elettricità: sul campo di battaglia inizieranno a cadere fulmini e, se avremo la sfortuna di incapparci, ci “oneshotteranno” all’istante; oltre a ciò, Isshin aggiungerà al suo pattern di attacco anche un doppio affondo di spada, con seguente scarica elettrica oppure onde d’urto, che ci colpiranno se non schiviamo/corriamo lateralmente.

Il segreto è rimanere concentrati e non arretrare, i suoi attacchi base saranno sempre gli stessi quindi non spaventiamoci dei fulmini, anzi: quando vedremo la scarica e Isshin saltare, aspettiamo un istante, saltiamo anche noi e premiamo attacco per restituirgli la scarica e danneggiarlo in maniera importante. Se siamo in possesso dello strumento prostetico “Ombrello Caricato”, possiamo adottare anche un’altra tecnica per le fasi 2 e 3: quando Isshin ci attaccherà, con pistola o in salto, apriamo lo scudo, pariamo tutti i suoi colpi e al termine effettuiamo un contrattacco; danneggeremo sia la postura che la barra della salute, e noi saremo al sicuro. Ripetiamo fino ad esaurire gli emblemi spiritici, poi o utilizziamo il “Cerimonial Tanto” o cambiamo strategia, passando alla prima tecnica descritta.

Quando, finalmente, riusciremo a rompere la sua guardia e sferrare il terzo colpo mortale, sarà una liberazione, giustiziamo Isshin e godiamoci finalmente, in base alle scelte fatte, uno degli altri tre finali del gioco. Ce l’abbiamo fatta!


Shigekichi della Guardia Rossa

Difficoltà: 🗡 🗡

Terminato il gioco, il Castello e i dintorni di Ashina saranno invasi dai soldati del Governo Centrale. Nell’arena dove abbiamo affrontato il Generale Yamauchi ad inizio gioco, potremo scontrarci con un nuovo boss; le dinamiche sono identiche al duello con il boss Juzou l’Ubriacone, stessi pattern di attacco e punti deboli. Prima di affrontare lo scontro, come per Yamauchi, eliminiamo in stealth tutti i nemici dell’area, utilizzando il confetto di Gachiin.  


Sette Lance di Ashina – Shume Masaji Oniwa

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡

Nei pressi del lago Ashina troveremo in Boss Sette Lance Shume; utilizziamo il confetto di Gachiin per eliminare il soldato accanto a lui, scappiamo utilizzando i rami sospesi sul burrone a sinistra e torniamo, sempre invisibili, per togliere la prima vita del boss. La sua lancia è devastante, quindi sfruttiamo la stessa tecnica usata con il Sette Lance già incontrato: doppio salto in testa e affondo, ripetiamo fino ad aprire un varco alla sua postura per sferrare l’attacco mortale. Possiamo anche utilizzare la fuliggine per stordirlo ed eseguire un doppio Ichimonji ma esponendoci alla sua lancia, e non è proprio il caso.


Ombra Solitaria Masanaga – Tenuta Hirata

Difficoltà: 🗡 🗡

Seguendo la quest di Emma per il finale “Purificazione”, ad un certo punto otterremo il sonaglio del padre che ci darà accesso a nuovi ricordi presso la Tenuta Hirata. Sulla nostra strada, tra le fiamme della tenuta, troveremo l’ennesima Ombra Solitaria Masanaga ad attenderci: questa volta non potremo coglierla di sorpresa anzi, sarà lei ad anticipare le mosse e a mandarci contro dei cani rabbiosi con un fischio; affrontare lo scontro all’interno del cortile in fiamme è un suicidio, pertanto occorre una strategia di attacco ben definita.

Voltiamoci indietro ed eliminiamo i tre nemici sul ponte; appena entriamo nella tenuta, utilizziamo gli shuriken per bloccare il suo fischio, dopodiché attiriamola fuori, giù per le scale, fino al ponte di legno: il nostro avversario, allo scoperto, perderà le sue abilità e la sua incredibile rapidità, pertanto potremo incalzarlo a colpi di spada e finirlo con calma. 


Gufo – Tenuta Hirata

Difficoltà: 🗡 🗡🗡 🗡🗡

All’interno del salone in fiamme, lo stesso dove abbiamo già sconfitto la Falena dovremo fronteggiare ancora il Gufo, questa volta in versione giovane e potenziata: si tratta, senza mezzi termini, di una boss fight leggendaria. Rispetto allo scontro al castello, il Gufo disporrà di un pattern di attacco ancora più ampio e devastante, comprese castagnole Shinobi e attacchi di fuoco.

Prepariamoci ad uno scontro lungo e che non ammette errori, pertanto fondamentale, ancora una volta, memorizzare ogni singolo attacco/combo e la relativa contromisura:

  • Shuriken + spazzata: deflettiamo entrambi e recuperiamo postura;
  • Doppio shuriken più salto in capriola e affondo: pariamo gli shuriken, schivata laterale e affondiamo un colpo caricato;
  • Doppio attacco lento, spinta, castagnole shinobi e spazzata: deflettiamo i primi due colpi, usciamo dalla combo e proviamo e allontaniamoci;
  • Doppio attacco veloce + spazzata: deflettiamo i primi due colpi, doppio salto in testa con fendente e in guardia;
  • Spazzata: saltiamo, recuperiamo la posizione e pronti a schivare lateralmente l’Ichimonji all’ultimissimo momento, per poi affondare un colpo caricato;
  • Fumo, salto indietro, castagnole shinobi e affondo: saltiamo indietro e pronti per la contromossa Mikiri (la migliore apertura della boss fight);
  • Scatti veloci laterali + shuriken: deflettiamo e pronti al successivo attacco.

Questi sono i principali attacchi che il Gufo ci scatenerà contro; se saremo perfetti nelle contromisure descritte riusciremo ad avere la meglio, in genere danneggiandoli la postura, e sferrare il primo colpo mortale.

La seconda fase è identica alla prima, se non per un piccolo e “fastidioso” dettaglio: un gufo in forma di spirito che svolazzerà per il salone, creandoci qualche problema di visuale. Gli attacchi del Gufo in carne ed ossa saranno sempre gli stessi, con un paio di novità:

  • Quando il gufo volatile si posa sulla spalla del Gufo Shinobi (ma che diamine…?) saltiamo per evitare l’attacco di fiamme, per poi eseguire un Mikiri; questa è la seconda migliore apertura della boss-fight;
  • Di tanto in tanto il Gufo Shinobi scomparirà: quando questo accade, corriamo senza fermarci, quando riapparirà vedremo un lampo di luce, giriamoci immediatamente ed eseguiamo il lock sul Gufo, pronti al suo attacco.

La boss fight sarà piuttosto lunga, non demoralizziamoci se vedremo la sua salute scendere pochissimo, incalzandolo prima o poi la sua postura inizierà a risentirne, e avremo una possibilità di sferrare il colpo mortale. Se escludiamo la boss fight finale con Genichiro e Isshin, questo scontro è senza dubbio il più bello, difficile e appagante dell’intero gioco.


Emma

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡  

Se sulla terrazza presteremo fedeltà al Gufo, rifiutando si seguire la Via di Kuro, sbloccheremo il finale Shura con i relativi boss finali. La boss fight con Emma sarà la pre-boss fight finale, complicata ma non troppo, vale lo stesso discorso fatto per Genichiro e Isshin.

Fondamentale in questo scontro sarà l’abilità scatto d’ombra, con la quale potremo fare danni ingenti ad Emma, mantenendo le distanze dalla sua lama. Possiamo anche duellare con lei colpo su colpo, in questo caso memorizziamo il suo pattern d’attacco e deflettiamo con precisione i suoi fendenti e affondi; la nostra priorità deve essere risparmiare quante più fiaschette curative possibile per lo scontro successivo. 

Le aperture migliori sono al termine del suo attacco fulmineo con doppio fendente e la sua presa, da evitare semplicemente allontanandoci quel tanto che basta per poi contrattaccare.


Isshin

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡

Sconfitta Emma, eccoci ad affrontare di nuovo Isshin, il boss finale (del finale Shura, ovviamente).

A differenza degli altri finali, in questo caso Isshin ha solo due vite, ma la seconda ci darà parecchio filo da torcere. La prima fase è analoga alla prima fase di Isshin il Maestro: deflettiamo i suoi tre colpi e contrattacchiamo, attendiamo che porti la mano alla spada e il successivo luccichio per sfruttare la migliore apertura della boss fight.

Nella seconda fase, Isshin si divertirà ad incendiare tutta la terrazza ed effettuerà tre tipi di  attacco con il fuoco: i primi due sono evitabili lateralmente, correndo intorno e provando a piombargli alle spalle; l’importante è non rimanere di fronte a lui al momento dell’attacco. Il terzo tipo di attacco è devastante: Isshin alzerà dal pavimento il fuoco, dovremo essere veloci e precisi da posizionarci in una zona dove non c’è fuoco per terra, aspettare il suo attacco per poi deflettere rapidamente la sua combo di attacchi invisibili: se sopravviviamo alla sua furia, il resto del combattimento sarà identico alla prima fase, pertanto non si tratta di una boss fight impossibile.

Se riusciamo a risparmiare gli emblemi spiritici per questa fase, sfruttiamo l’abilità scatto d’ombra per danneggiarlo e chiudere rapidamente lo scontro.


Demone dell’Odio

Difficoltà: 🗡 🗡 🗡 🗡 🗡 

Vogliamo completare Sekiro al cento per cento? Allora dovremo sconfiggere tutti i boss, e per farlo la nostra via passerà inevitabilmente per il Demone dell’Odio.

Questo super boss gigantesco, infuocato e cattivissimo comparirà al termine del gioco, completato con il finale relativo all’alleanza con Kuro, nell’area dove abbiamo sconfitto il Generale Gyoubu Oniwa; se credevamo non ci potesse essere nulla di peggiore della coppia Genichiro-Isshin o del Gufo, forse è giunto il momento di ricredersi, il Demone dell’Odio è probabilmente il boss più spietato in Sekiro: Shadows Die Twice.

Questo ammasso di fiamme e cattiveria dispone di attacchi ad ampio raggio devastanti, in grado di ucciderci all’istante. È fondamentale restargli sempre vicino, andargli alle spalle e colpirlo più volte possibile prima che reagisca: pariamo, schiviamo e torniamo alle sue spalle. Quando salterà, corriamo immediatamente verso di lui, per evitare che possa attaccarci dalla distanza; il boss ha tre vite, quindi armiamoci di pazienza, fiaschette e tanta buona volontà. Scontro difficilissimo.

Non riusciamo a sconfiggere il maledetto Demone dell’Odio? Nessun problema, esiste un glitch che ci consente di eliminarlo senza muovere un colpo di spada. Come? Bene, entriamo nell’arena e dirigiamoci a sinistra sull’orlo del burrone, attirando lì il Demone; a questo punto corriamo verso la  torretta vicino le mura, saltiamo sullo spigolo sinistro fino a raggiungere il tettino, da qui spicchiamo un balzo in corsa per aggrapparci al tetto delle mura: sembra facile, in realtà la combo di salti appena descritta è quasi più complicata dell’intera boss fight con il Demone. Provateci, e capirete.

Se riusciremo ad appenderci al tetto, portiamoci sopra il Demone e aspettiamo: nella foga di colpirci, il nostro simpatico amico perderà l’equilibrio e cadrà nel burrone, liberandoci dell’ostacolo finale tra noi e il relativo trofeo.


Finali

Illustrando i duelli con i boss, si è accennato ai finali; ebbene, in Sekiro: Shadows Die Twice ce ne sono ben quattro, tutti meritevoli di essere portati a termine per godere dello splendido lavoro compiuto da From Software. Ovviamente, per sbloccarli tutti, non solo occorrono almeno due run complete, ma dovremo effettuare dei particolari step che altrimenti ci precluderanno una o più opzioni per accedere ai diversi finali.

Finale 1: “Shura”

Il finale più semplice e veloce da ottenere, dopo aver raggiunto il Gufo sulla terrazza prestiamogli fedeltà e rinneghiamo Kuro: dovremo affrontare in successione Emma e Isshin, sbloccando così gli ultimi due boss del gioco.

Seguendo questa via, non avremo accesso all’ultima location del gioco, il Palazzo della Sorgente.

Finale 2: “Separazione Immortale”

Il finale standard del gioco: senza cercare ulteriori indizi lungo l’avventura, raggiunto il Gufo sulla terrazza rinneghiamolo, rimanendo fedeli a Kuro; sconfitto il Gufo, proseguiamo con la storia principale, raggiungiamo il Palazzo della Sorgente e sconfiggiamo il Drago Divino, per ottenere l’ultimo oggetto della quest, il “Dono delle Lacrime”, per portare a termine la separazione immortale e recidere il retaggio del Drago.

Finale 3: “Purificazione”

Il primo finale segreto del gioco: si tratta sempre di raggiungere il Gufo e prestare fedeltà a Kuro.

Sconfitto il Gufo, ci sono dei passaggi che dobbiamo necessariamente seguire:

  • Senza riposare all’idolo, raggiungiamo dai tetti la stanza di Isshin e origliamo la conversazione tra lui ed Emma;
  • Torniamo nella stanza di Kuro e consegniamo gli oggetti che abbiamo ottenuto fino a quel punto della storia, riposiamo e vedremo comparire Emma: andiamo dietro le paratie ed origliamo la conversazione tra lei e Kuro;
  • Riposiamo presso l’idolo, saliamo le scale e parliamo con Emma, mostrandoci d’accordo con lei;
  • Riposiamo ancora, parliamo di nuovo con Emma poi raggiungiamola alle Tombe Antiche, dove si svolgerà un altro dialogo;
  • Raggiungiamo il Tempio in Rovina e dal retro del tempio origliamo la conversazione tra Emma e lo Scultore; raggiungiamo all’interno Emma ed otteniamo il Sonaglio per sbloccare ulteriori ricordi presso la Tenuta Hirata;
  • Nella Tenuta Hirata, affronteremo ancora l’Ombra Solitaria e Juzou l’Ubriacone, per poi sfidare il Gufo nella sala dove in precedenza abbiamo combattuto con la Falena;
  • A questo punto, completiamo normalmente il gioco e scegliamo nel dialogo finale la via della Purificazione.

Finale 4: “Il Ritorno del Drago”

Il più difficile da sbloccare ma, probabilmente, il finale migliore che possiamo ottenere in Sekiro: Shadows Die Twice.

Si tratta sempre di restare fedeli a Kuro e sconfiggere il Gufo; a questo punto dobbiamo seguire una fitta rete di passaggi, nonché completare la quest della Fanciulla Celeste:

  • Per prima cosa, dobbiamo ottenere il Tomo Sacro del Tempio Senpou: se abbiamo raggiunto il Monte Kongo prima della boss-fight con Genichiro, potremo riceverlo dal Monaco nella Sala Principale del Tempio; se ci andiamo dopo, lo troveremo in fondo allo stagno nei pressi del terzo idolo dello scultore;
  • Raggiungiamo il Sancta Sanctorum del Tempio Senpou e parliamo con la Fanciulla Celeste: chiediamole del riso, che potremo mangiare o regalarlo all’anziana fedele che prega nei pressi del Monte; riposiamo e chiediamo ancora del riso, ripetiamo fino a che non vedremo la Fanciulla starnutire ed ammalarsi;
  • Per guarirla, doniamole del Loto, ottenibile lungo il percorso del Monte Kongo, acquistabile dal mercante di zona o regalato da Kotaro, se avremo completato la sua quest con la Girandola Bianca Pura;
  • Curata la malattia, la Fanciulla ci donerà del riso speciale per Kuro; se ci regalerà del riso normale, riposiamo e andiamo da lei di nuovo;
  • Doniamo il riso a Kuro e questi ci darà dei dolcetti consumabili; a questo punto la Fanciulla si sposterà nella Sala delle Illusioni, dove abbiamo sconfitto le scimmie; può darsi che la Fanciulla si sposti dopo aver combattuto contro il Gufo o dopo l’arrivo del tramonto, controllare dopo ogni step importante della storia principale;
  • Una volta che sarà nella Sala delle Illusioni, parliamole e verremo a conoscenza di un secondo Tomo Sacro, recuperabile in fondo alla caverna alle spalle della Sala Principale del Tempio Senpou;
  • Consegnatole il secondo Tomo, il nostro obiettivo sarà la ricerca dei frutti del serpente: per il frutto fresco dovremo sconfiggere la Grande Serpe, azionando l’aquilone del Monte Kongo e raggiungendo la Forra dal grande albero vicino all’anziana fedele; per il ottenere il frutto secco raggiungiamo la valle del Bodhisattva, scendiamo nella parte bassa dove c’è il mercante e raggiungiamo la grotta del Serpente Gigante: utilizziamo il Ninjutsu Burattinaio sulla scimmia così da distrarre il serpente, raggiungiamo il fondo della caverna e prendiamo l’oggetto della quest;
  • Consegniamo entrambi i frutti alla Fanciulla e questa ci donerà le Lacrime Congelate, oggetto fondamentale per sbloccare l’ultimo finale del gioco.