Come si scrive un articolo su Homer Simpson?
Direi di cominciare dal principio: Homer è un padre di famiglia sulla quarantina, è spostato con Marge e ha tre figli, in ordine di età , Bart, Lisa e Maggie. Vive a Springfield, una ridente cittadina di un non specificato stato americano e lavora come tecnico della sicurezza nella locale centrale nucleare. Ama la birra e le ciambelle, lo stare spaparanzato sul divano a guardare la TV e, come più o meno il 99% della popolazione maschile della terra, si sente inadeguato e tende a “fare cose” per dare un senso alla propria esistenza.

Questo è uno dei tanti modi per descriverlo; un altro sarebbe quello di dire che stiamo parlando di uno dei personaggi più iconici e amati della TV dell’ultimo trentennio. Homer J. Simpson è semplicemente Homer, le sue gag e le sue citazioni hanno un posto d’onore nella cultura pop, non credo esista un personaggio in grado di rappresentarci tutti meglio di lui, con tutte le sue sfumature e alti e bassi, strafalcioni e gesta spassionate. In lui ritroviamo tutti gli stereotipi della classe lavoratrice americana: è rozzo, sovrappeso, maldestro, pigro e ignorante; eppure è molto attaccato alla propria famiglia, e nonostante la sua vita di routine alla centrale nucleare, ha vissuto e vive avventure di ogni tipo, che lo portano ad impersonare i ruoli e mestieri più disparati dell’immaginario collettivo.
Creato dalla mente geniale di Matt Groening nel lontano 1986 il papà della famiglia più irriverente della TV vide la luce nell’atrio dell’ufficio del produttore James L. Brooks (parliamo di Fox), dietro la richiesta di questi di creare una serie di corti animati per il The Tracy Ullman Show, varietà televisivo statunitense. L’idea nacque sul momento, tant’è che lo stesso Groening raccontò anni dopo di sentirsi poco ispirato quel giorno, decidendo sul momento di creare una serie basata su una famiglia americana atipica, dando ai protagonisti i nomi dei suoi familiari; pochi sanno infatti, che Homer e Marge erano i nomi dei suoi genitori, Lisa e Maggie quelli delle sue sorelle minori. Per quanto riguarda Bart beh, decise che Matt era un nome troppo comune e chiamò l’ultimo membro della famiglia appunto Bart, ovvero l’anagramma di “Brat” (monello). Mai nome fu più azzeccato.
I Simpson, famiglia e serie “senza tempo”, a due anni dal debutto, nel 1989, passarono in prima serata e divennero ben presto uno degli show di punta della 20th Century Fox. Da lì in avanti il resto è storia: I Simpson sono il risultato di un fenomeno planetario, di un successo senza precedenti nel mondo dell’animazione televisiva e oggi, ben 33 stagioni dopo, restano un fenomeno di costume che ha segnato un epoca e diverse generazioni di spettatori.

È indubbio che il successo dei Simpson sia legato al fascino dei suoi protagonisti, e su tutti svetta lui, quel bonaccione di Homer. Iconico, a partire dall’aspetto. Quando Groening lo disegnò per la prima volta, egli mise le sue iniziali all’interno delle orecchie e nei capelli del personaggio: i capelli assomigliano ad una M, mentre l’orecchio ricorda una G. Successivamente l’autore decise di togliere questo particolare dall’orecchio, poiché riteneva che potesse distrarre troppo il pubblico; tuttavia si vocifera continui a disegnare l’orecchio come una G quando realizza schizzi per i fan. La forma base della testa di Homer può essere descritta come una tazza cilindrica con una scodella da insalata in cima. L’immancabile pancione, emblema del suo amore per il nettare dorato, e lo stile iconico, quella camicia bianca a maniche corte e i pantaloni color blu acceso, quasi un uniforme da supereroe della classe media.
Potremmo descriverlo parlando delle sue azioni, quei cliché che sono diventati pietre miliari della serie, dalla celebre frase pronunciata da Homer “D’oh!” – aggiunta perfino nell’Oxford English Dictionary – al “Mi-ti-co!”, passando per “l’affettuoso strangolamento” del figlio Bart, preceduto dall’immancabile “brutto bacarospo”. E se li avete letti in testa con la voce del suo celebre doppiatore italiano, quella del compianto Tonino Accolla, allora non serve che vi spieghi altro. Piccoli gesti e frasi semplici che hanno segnato la nostra adolescenza, e non solo.

Sì perché I Simpson, a scapito della loro natura scanzonata, col passare degli anni hanno trattato una miriade di argomenti e tematiche, anche difficili se vogliamo, senza mai perdere la loro irriverenza e restando al passo con i tempi. Il risultato è stato un aumento costante e senza precedente di pubblico, riuscendo ad attirare le nuove generazioni e continuando ad intrattenere chi ha iniziato a seguirli da giovane. Siamo un pò tutti cresciuti con Homer e la sua famiglia, diciamoci la verità.
Non so voi, ma io pensando ai Simpson mi sento felice e spensierato. Mi capita spesso di rivedere puntate che magari ho già visto, di quelle che conosco ormai a memoria, e di sentirmi in pace con il mondo. È un esperienza che non so descrivere altrimenti, ma quante difficoltà quotidiane non dico risolte, ma alleggerite grazie ad una battuta di Homer o una gag, di quelle iconiche entrate nell’immaginario collettivo. Mi balza, non so, alla mente la puntata del “Barone Birra“, con Homer alle prese con il proibizionismo reinterpretato in chiave moderna, o la “fiera del Chili” dove Homer, dopo aver assaggiato il piccantissimo peperoncino del Guatemala, inizia ad avere strane visioni e intraprende un viaggio misterioso che lo porta a rivalutare la sua intera esistenza e il suo matrimonio con Marge. Sembra ridicolo, ma ogni puntata è un ritorno a casa; ogni volta è come rivedere un vecchio amico, uno di quelli che anche se non lo vedi da anni sai esattamente cosa sta pensando e in una attimo eccovi lì, a spassarvela come se vi foste appena rivisti dopo la scuola.
C’è della magia nei Simpson, c’è della magia in Homer. Sto scrivendo queste righe, cerando di mettere nero su bianco un qualcosa che non riesco a descrivere a parole, un che di magico appunto, di etereo, ed ecco che scoppio a ridere senza freni. Sono con Homer e Bart all’interno del negozio di modellini; Homer sta acquistando per il figlio la replica dell’abbazia di Westminster per partecipare e vincere il concorso che si terrà l’indomani a scuola. Il commesso cerca di dissuaderlo: “Glielo sconsiglio signore, è troppo complicato!”; al che Homer se ne esce con qualcosa del tipo: “Che problema c’é? Basta leggere le istruzioni!”, e detto ciò si avvia per uscire dal negozio. Ora, siamo in quel tipo di negozio in cui la porta di uscita ha la maniglia da spingere e su la scritta “PUSH” (spingere); appunto. Homer inizia a tirare come un forsennato e, di fronte all’immobilità della porta, spacca il vetro in basso ed esce a gattoni dal negozio.

Non so se avete in mente la scena e, qualora non l’abbiate vista, se io sia riuscito a rendervela chiara, ecco perché ho deciso di inserire la gif. Ma cosa altro diamine posso aggiungere?? Dietro ai Simpson e alle gag di Homer c’è una genialità unica, una sceneggiatura inimitabile capace di spremere semplici contesti quotidiani e trasformarli in sequenze indimenticabili. E dannatamente divertenti.
Momenti di vita quotidiana che ritroviamo nelle nostre vite, ci alleggeriscono il peso e ci mettono di buon umore perché tutti noi, almeno una volta, ci siamo trovati ad essere Homer. Se solo tutto potesse essere così leggero, poter affrontare la vita con tale ironia e distacco! Nelle giornate uggiose al lavoro desiderando di essere con gli amici al bar, sul divano a bere birra e guardare la TV, nei momenti in cui non capiamo nulla di un dialogo ma annuiamo nonostante tutto, quante volte ci sentiamo Homer! Un concentrato di dubbi, ansie e senso di inadeguatezza, ma anche di sogni e possibilità; quando vorremmo essere qualcun altro, poter cambiare di colpo la nostra vita, il nostro lavoro e fare cose straordinarie, o semplicemente nuove. Homer è tutto questo, il riassunto dei nostri problemi quotidiani e la proiezione dei nostri desideri. C’è una clip straordinaria su YouTube, presente anche all’interno di una puntata, si intitola “Pic a Day for 39 Years” ed è una carrellata della vita di Homer raccontata per immagini, racchiude la sua adolescenza e tutti i mestieri e professioni intraprese da Homer nel corso della serie. Dura poco meno di 2 minuti, ne vale davvero la pena.
Semplicemente geniale.

Ecco, basterebbe questa frase per descrivere Homer e, più in generale I Simpson. Un successo straripante che deve molto anche ai cosiddetti personaggi secondari, ognuno caratterizzato alla perfezione coi suoi cliché e stereotipi, sono ormai così definiti nelle loro vite e personalità che possono sostenere il peso del racconto anche da soli, come succede in diverse puntate. Personaggi come il timorato vicino di casa Ned Flanders, il barista Boe (Moe in lingua originale) Szyslak, il Commissario Winchester sono solo alcuni esempi di personaggi iconici quasi quanto la serie, una ricchezza che gli autori hanno saputo sapientemente coltivare nel corso degli anni, fino a renderli tasselli insostituibili dello show.
Prima che il “gene Simpson” entri in funzione e mi faccia rimbambire – detto tra noi, altra puntata clamorosa! – vorrei spendere due parole sulle famose “profezie” legate ai Simpson. Nel corso degli anni alcuni eventi e situazione andate in onda durante lo show si sono effettivamente avverate: solo per citarne alcune, Trump Presidente degli Stati Uniti d’America (I Simpson lo avevano “profetizzato” già nel lontano 2000), l’avvento degli smartwatch vent’anni prima dell’uscita di Apple Watch, addirittura l’esistenza del bosone di Higgs. Questa ha davvero dell’incredibile: nel 2012, i fisici del CERN hanno confermato l’esistenza del bosone di Higgs, noto anche come “particella di Dio”. Una scoperta in sé è sorprendente, ma quello che lo è ancora di più è il fatto che 14 anni prima che ciò accadesse, Homer scrisse su una lavagna un’equazione matematica che in realtà prediceva la massa della particella ancora da scoprire. Se vogliamo dirla tutta, una volta entrò pure in competizione con Edison, ma questa è un’altra storia.

Per una serie così longeva sembra quasi impossibile da immaginare, ma la fine dei Simpson ci sarà. Secondo le rivelazioni dello sceneggiatore, l’addio della famiglia di Springfield sarebbe un ritorno alle origini, un richiamo al primo episodio “Un Natale da cani” andato in onda la vigilia di Natale del 1991 in Italia.
Se è vero che la fine dei Simpson è vicina, conviene menzionare la trovata di un professore britannico, John Donaldson, che ha deciso di aprire un seminario all’interno di un corso universitario di filosofia, intitolato: D’oh! The Simpson Introduce Philosophy. L’Università che ospita il corso si trova a Glasgow e analizzerà la serie ideata da Matt Groening esplorando i concetti filosofici contenuti nella serie.
Tra le righe di presentazione del corso si legge:
"I Simpson sono uno dei più grandi artefatti culturali del nostro tempo, in parte perché sono intrisi di filosofia. Aristotele, Kant, Marx, Camus e molti alti pensatori sono rappresentati in qualcosa che è verosimilmente una delle forme filosofiche più pure: il cartone animato.
E ancora, su Homer:
“Questo corso esplorerà alcune delle idee più interessanti di quello che è il vero e proprio monumento di Matt Groening all’assurdità dell’esistenza umana. Homer, in particolare, è un personaggio incredibilmente complesso in molti modi. È goloso ma sa essere anche violento ed egocentrico. Ma allo stesso tempo è difficile non amarlo."

Che dire. Quando ho letto questa notizia sono rimasto sorpreso, ma in fondo ripensandoci non c’è poi così tanto da stupirsi. I Simpson hanno trasformato la nostra percezione della realtà quotidiana, sono entrati nei nostri salotti affrontando i temi della società moderna, capaci come nessuno prima di catturare l’attenzione dello spettatore con quel colore giallo immediatamente riconoscibile durante lo zapping.
Prima l’ho definita una serie animata; forse sarebbe più appropriato chiamarla sit-com, basti pensare che nel corso degli anni ha ospitato oltre 600 personaggi famosi come ”ospiti”, da Lady Gaga a Paul McCartney, dal già citato Donald Trump sino a Richard Gere, oltre a una serie di doppiatori di eccellenza che hanno prestato le loro voci per doppiare alcuni personaggi originali, nel caso italiano basti citare Mike Buongiorno o la coppia Francesco Totti e Ilary Blasi. Nessuna seria vanta e credo mai vanterà un simile parco di guest star.

Cartone animato, meglio sit-com, ma c’è anche il cinema. E si perché nel 2007 esce, attesissimo, il primo film dei Simpson, “The Simpsons Movie”. L’adattamento cinematografico della famiglia più irriverente della TV, diretto da David Silverman e prodotto da Gracie Films, è un successo al botteghino con oltre 500 milioni di dollari di incasso e diversi riconoscimenti, tra i quali spiccano le nomination ai Golden Globe e al Premio BAFTA nel 2008 come miglior film d’animazione. Un film divertente non c’è dubbio, in cui si respira tutta l’ilarità e la spensieratezza degli episodi, ma anche un’occasione per spingersi un pò più in là, trattare temi un pò più seri – vedasi il problema del surriscaldamento globale. E, con la solita ironia, cercare di responsabilizzarci tutti, mostrandoci che di fatto siamo causa ma possiamo anche essere la soluzione del problema; il tutto perfettamente trasposto in Homer (e chi altrimenti?) il quale da causa comica del disastro ambientale di Springfield, nel corso del film prende coscienza di quanto accaduto e inventa/diventa la soluzione del problema. A modo suo ovviamente, ma dimostrando che volendo si può cambiare, sé stessi in primis e il mondo che ci circonda. Nulla di più semplice, ma tra una risata e l’altra il messaggio c’é, eccome se arriva.
Potrei continuare a scrivere per ore, magari parlando anche un pò di Bart – tra l’altro, per chi non lo sapesse, indicato dal Time tra le 100 persone più influenti del secolo – e del suo ”cucciati il calzino”, frase ormai sdoganata nel linguaggio comune. Potrei raccontare mille aneddoti o altrettante sequenze strappa lacrime di comicità, o magari pubblicare qualche altra gif – anzi, questo lo faccio qui sotto e lascio a voi riconoscere gli episodi! – il fatto è che mantenere un tale livello di qualità per cosi tanti anni ha dell’incredibile. Di magico.
Tutto è destinato a finire e, come detto, anche l’epopea dei gialli di Springfield prima o poi giungerà al termine. E quando arriverà quel giorno, cosa resterà dei Simpson? Di certo, tutti gli episodi; le stagioni continueranno ad essere trasmesse a lungo, ciclicamente, un pò come accade già oggi su Italia 1 e su Fox. Le risate, quelle tante, così come le gag e le citazioni, le situazioni al limite tra l’epico e il ridicolo.
Posso senz’altro dirvi cosa resterà a me, la serenità di prendere la vita e i piccoli imprevisti quotidiani con un pò più di leggerezza, affrontandoli con la stessa ironia di come farebbe Homer o qualsiasi altro protagonista della serie. E scusate se è poco.
Insomma credo si sia letto tra le righe: amo i Simpson, amo il mondo che Matt Groening ha creato con tutte le sfumature e sfaccettature che si porta dietro. Sono un pò Homer anche io, e sono sereno, perché se nonostante tutto riesce a cavarsela ogni volta, beh…forse allora posso riuscirci anche io.
